La Elan (Taiwan) si rivolge ai giudici per furto di brevetti
MILANO — Sembra proprio che a Cupertino ad attendere Steve Jobs in giugno, al suo rientro dopo la lunga convalescenza, non ci saranno solo applausi. Ma anche qualche grana. Dopo l’affannosa rincorsa al fenomeno dei netbook classificati come «junk», spazzatura, solo pochi mesi prima dallo stesso Jobs, ora la Apple dovrà anche affrontare nel tribunale distrettuale di San Francisco il gruppo di Taiwan, Elan. L’accusa sulla quale bisognerà attendere il verdetto dei giudici è «furto» di brevetti. Non è certo una prima volta nella storia dell’azienda che si è scontrata per anni con la rivale di sempre, Microsoft, e fin dai suoi esordi negli anni Ottanta ha litigato con l’altra «mela», la Apple Records, etichetta discografica dei Beatles, per il marchio. I brevetti nella Silicon Valley sono quasi tutto. Ed escludendone il valore il Prodotto interno lordo dell’area ad alta densità tecnologica sarebbe destinato a crollare.
Ma il gruppo non potrà prendere il caso sottogamba visto che in gioco è la tecnologia touch screen alla base di iPod e iPhone oltre che di alcuni computer MacBook. La Elan, che tra le altre cose produce il mouse pad dei popolari netbook Asus EEE, ha fatto sapere di aver «deciso di procedere in tribunale dopo non essere riuscita a trovare con la Apple un punto di vista in comune ». Era da due anni che le aziende stavano cercando un accordo sui due brevetti oggetto del contrasto. Il principale è quello per ruotare e zoomare le immagini utilizzando due dita insieme.
Apple ha preferito non fornire commenti ma dalla parte di Elan c’è una vittoria ottenuta contro un’altra società statunitense, la rivale Synaptics, proprio su uno dei due brevetti contesi. Per il gruppo di Jobs che si è sempre contraddistinto per il design «cool » dei prodotti e per le tecnologie all’avanguardia il conto potrebbe essere salato: basti pensare il quarto trimestre del 2008 per l’azienda si è chiuso meglio delle aspettative proprio grazie alle vendite di iPod e iPhone. E, anche se in un caso totalmente diverso ma pur sempre nel perimetro delle contese sui brevetti, Microsoft è appena stata condannata a pagare 388 milioni di dollari a Uniloc per un software antipirateria.
Massimo Sideri