La telefonata La Cancelliera chiama, il manager torna dagli Usa. E zu Guttenberg invita John Elkann
MILANO — I concorrenti, ossia i vertici di Magna, Angela Merkel li ha già incontrati. Robusto appoggio, per loro: sabato sera, in Cancelleria, li ha preceduti una telefonata di Vladimir Putin. Chiaro effetto dell’alleanza con i russi di Gaz e Sberbank e di quanto tenga, Mosca, a vincere la partita su Opel. Sergio Marchionne con Frau Merkel si vedrà invece oggi. Volo diretto dagli Usa — dov’era appena arrivato e dove dovrebbe tornare subito — dopo l’invito ricevuto da Berlino al termine della riunione di governo. A precedere lui, stando alle dichiarazioni ufficiali, nessuna chiamata da Palazzo Chigi: «Non voglio interferire», ha spiegato Silvio Berlusconi alla Cnn. E all’amministratore delegato Fiat va bene così. Difficile sostenere che gli sarebbe spiaciuto, un appoggio dell’esecutivo italiano analogo a quello messo in campo dai competitor.
Ma si è sempre mosso da solo, in Germania come in America, per cui non è nemmeno da escludere che il «non intervento » sia stato in realtà in qualche modo concordato. Magari attraverso Gianni Letta.
Sia come sia, il tutto è in pieno stile Marchionne. Dalla Merkel si presenterà forte del suo piano e nient’altro. Se la spunterà su Magna, nessuno potrà sostenere che hanno vinto lobby interne e internazionali. Se dovesse perdere, in molti torneranno quei sospetti di «decisione preconfezionata» che anche in Germania circolano dall’inizio della gara su Opel. E se finisse — ma la Cancelliera si è già detta contraria — con la temporanea parità di un’«insolvenza controllata», tutti leggeranno la scelta come un rinvio dettato dall’imbarazzo tedesco e dal fantasma delle prossime elezioni.
Marchionne, oggi, ovviamente questi discorsi non li farà. A Frau Merkel ripeterà quello che ha già detto ai ministri, ai leader politici, ai governatori dei laender, ai sindacati. Ma avrà da illustrare, in più, la carta giocata nel weekend. Quel rilancio destinato a rafforzare ancora l’anima strettamente industriale del progetto Fiat: una fusione, non un takeover, per creare un gruppo che punta a giocare da secondo player mondiale. «Baluardo contro l’esodo di tecnologia dalla Germania e dall’Italia», l’ha definito Marchionne, parlando di piano «realistico», con prezzi minimi sul fronte dell’occupazione e, insieme, senza «costi occulti » da scaricare sui contribuenti: tutte le garanzie statali, ha assicurato, saranno restituite entro quattro anni (uno in meno rispetto alla proposta iniziale Fiat e all’ultima offerta di Magna).
Per dirla con le parole di Luca Cordero di Montezemolo, ieri: «Il piano presentato da Marchionne e dai suoi collaboratori è chiaro, l’importante è stare fermi su quello. Ora c’è da parlare poco e vedere l’evoluzione ». Ci sarà del resto poco da aspettare. La Merkel ha promesso una decisione al massimo per giovedì mattina. E già oggi i vertici Fiat faranno un primo punto diretto. Non solo al telefono. Coincidenza vuole che John Elkann avesse da tempo in agenda un meeting berlinese organizzato dall’ambasciatore italiano. Karl-Theodor zu Guttenberg, il ministro cui fa capo direttamente il dossier Opel, ha chiesto di incontrare anche lui. Scontato quel che si sentirà dire: appoggio totale dell’azionista di riferimento alla strategia che, nel frattempo, l’amministratore delegato avrà illustrato o illustrerà in Cancelleria.
Raffaella Polato