Il rimorchiatore catturato dai pirati al largo delle coste somale l’11 aprile. Giovanni Vollaro ha contattato la famiglia: «L’acqua scarseggia, siamo costretti a bollirla. Siamo stremati»
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Il rimorchiatore Buccaneer |
MILANO – Giovanni Vollaro, uno dei tre marinai iscritti alla capitaneria di porto di Torre del Greco (Napoli) e imbarcati sul Buccaneer, la nave in mano ai pirati somali dall’11 aprile, ha nuovamente chiamato la famiglia. «La telefonata è durata circa 11 minuti – racconta il padre – anche se la linea era particolarmente disturbata. Ancora una volta le parole di mio figlio hanno gettato su tutti noi una terribile angoscia. Mi ha detto che sono stremati, che non ce la fanno più. Che a bordo scarseggia tutto, perfino l’acqua, che sono costretti a bollire prima di berla. Anche le scorte alimentari sono ridottissime: adesso possono contare su un solo piatto di riso al giorno».
«TRATTATE CON ME» – Niente lacrime, tiene a precisare Pasquale Vollaro, ma solo una richiesta: «Liberateci, fate presto». «Loro non sanno realmente come vanno le cose qui in Italia. La Farnesina ogni volta ci dice di pazientare, che siamo prossimi alla liberazione. Ma intanto sono passati più di due mesi senza ottenere alcun risultato». Pasquale Vollaro ha anche ascoltato la voce di uno dei pirati somali che tiene in ostaggio l’intero equipaggio del Buccaneer: «Parla italiano e si è intromesso nella conversazione tra me e mio figlio. A telefono si è messo a ridere: “Se volete gli ostaggi liberi dovete trattare con me” mi ha detto. Ma chi ha la forza di trattare con questi soggetti? Noi non di certo, queste cose le deve fare lo Stato».