Trenitalia taglia il servizio. Ora c’è un call center (inutile). Nel 2008 recuperati 3.500 fra ombrelli, telefonini, protesi e passeggini
Un windsurf smarrito al «Bureau des objet trouvés» di Parigi, il più grande d’Europa con 70 mila oggetti depositati |
ROMA — In quella valigia rossa c’erano maglie e mutande di un bambino di quattro anni, le sue scarpe da ginnastica preferite, quelle con la suola che si illumina ad ogni passo, e una pistola di plastica verde che, secondo il proprietario, «spara vero fuoco e anche veri proiettili»: quando lui e suo padre scendono dal treno e capiscono di averla dimenticata a bordo, vanno a passi rapidi all’ufficio oggetti smarriti, «perché vedrai — dice il papà — è un posto fantastico, buio e misterioso nel quale mettono tutte le cose dimenticate, i ladri non possono prenderle perché il capotreno le raccoglie nei vagoni e le porta lì, anche le cose più preziose, sì, anche i pennarelli blu, anche i giocattoli, tutto, il capotreno è un brav’uomo, vedrai, domani porterà lì anche la nostra valigia», sorride quel papà. Che ancora non lo sa, ma quella che ha appena raccontato è poco più di una favola, di un ricordo sgranato, è la storia tratta da un’Italia che faceva attenzione a tenere viva la speranza. Invece, da una decina di giorni, l’ufficio oggetti smarriti, nelle stazioni, non c’è più. E chi dimentica qualcosa sul treno torna a casa con una certezza: non la ritroverà.
La speranza, a quanto pare, è andata smarrita. L’ufficio della stazione Termini in questi anni ha conservato, e in molti casi restituito, più di centomila oggetti. Era lì dal 1934, grazie a una legge dello Stato, e in breve ne nacque uno in ogni stazione, almeno in quelle più grandi. Funzionavano: a Bologna, Firenze, Milano, Torino, Bari, Palermo, Napoli, Genova e Venezia, nel 2008, sono stati recuperati 3.500 tra ombrelli, telefonini, portafogli, protesi, passeggini, e più di mille sono stati riconsegnati ai proprietari. Invece nelle stazioni più piccine, anche se ufficialmente non c’era un luogo fisico dedicato agli oggetti smarriti, subentrava la disponibilità di ferrovieri e capotreni e così le sale per i bagagli venivano usate anche per conservare ciò che i viaggiatori avevano dimenticato: in ogni scalo, comunque, c’era una stanza per andare a chiedere, per depositare la propria speranza. Tutto ciò che nessuno reclamava, poi, finiva all’asta, ogni sei mesi: chi le ha frequentate le racconta come «uno spettacolo, si trovava ogni tipo d’oggetto e ogni tipo di acquirente».
Adesso, non più: si possono consultare siti web dedicati agli oggetti smarriti, al massimo. «Abbiamo dovuto razionalizzare i servizi accessori — spiegano da Trenitalia —. Da quando siamo diventati una società per azioni non abbiamo più gli obblighi che avevamo prima». Significa che hanno cancellato ciò che non produce denaro. E la disponibilità verso il prossimo, si sa, non è un affare. Così, ora, ciò che si smarrisce sul treno ha una fine certa: diventa preda dei «cercatori d’oro — racconta un ferroviere — insomma quelli che salgono sui treni quando tutti scendono, e prendono ciò che trovano. Povera gente, disperata». Ma il personale di Trenitalia che al capolinea raccoglie gli oggetti dimenticati? «Non c’è più». E siccome in pochi sanno dei predatori degli oggetti perduti, è probabile che chi perde qualcosa provi a telefonare a Trenitalia: ed è così che si entra nel labirinto acustico dei call center, voci registrate che promettono e non mantengono, voci umane che si scusano o inventano scuse. Soprattutto, costano.
L’89.20.21, ad esempio: dal cellulare 15 centesimi alla risposta e quasi un euro e mezzo per ogni minuto. La voce metallica dice che si può scegliere tra sei opzioni, le elenca, e la sesta è per «parlare con un dirigente dell’assistenza passeggeri»: musichetta e poi la voce dice che «il servizio è attivo dal lunedì al venerdì dalle tredici alle quattordici». La linea cade, due minuti di tempo. Tra l’una e le due, va peggio: l’attesa, non volendo «perdere la priorità acquisita», dura dieci minuti, poi l’operatrice «Antonella» dice che «questa linea è esclusivamente per prendere appuntamento con un dirigente». Non me ne può passare uno? «No, il disco lo dice chiaramente, solo prendere appuntamento». Invece no: il disco dice altro e la telefonata è durata, in tutto, dodici minuti. E la valigia chissà dov’è. Allora si può richiamare, scegliere l’opzione cinque, ed ecco che «l’operatore A321», finalmente, ammette: «Non è più compito di Trenitalia accettare gli oggetti smarriti, o recuperarli, ci pensa il Comune». Solo che chiedere all’ufficio comunale romano, semplicemente, non serve: «Trenitalia sono anni che non ci porta niente».
Ufficialmente, il sito di Trenitalia «avvisa la gentile clientela che dal 13 giugno 2009 non si accetteranno più oggetti rinvenuti. Chiunque si presenterà in assistenza per la consegna di tali oggetti, sarà invitato a recarsi agli uffici comunali come previsto dal codice civile». Traduzione: chiunque si preoccuperà del prossimo, e lo aiuterà restituendo l’oggetto smarrito, è inutile che venga da noi, vada altrove. La speranza, nelle stazioni, è andata smarrita. Anche se non è facile da spiegare a un bambino: «E la mia pistola? E le mie scarpe con le luci? Ma non hai detto che le mettevano in un posto fantastico?».
Alessandro Capponi