La morte di un mito. La famiglia accusa. L’esito dell’autopsia fra 6-8 settimane
La copertina del mitico album “THRILLER”
NEW YORK — Che cosa ha ucciso Michael Jackson? La domanda che da due giorni assilla l’America per ora resta senza risposta. E sono in molti a credere che non verrà mai del tutto sciolto il mistero che già circonda la sua morte, com’è accaduto in passato per tanti miti a stelle e strisce, da Elvis Presley a Marilyn Monroe a Jimi Hendrix e adesso a Jacko. L’autopsia sul cadavere del cinquantenne cantante morto giovedì a Los Angeles in seguito ad un arresto cardiaco è iniziata ieri ma i risultati potrebbero anche arrivare fra sei-otto settimane. Lo ha reso noto il coroner della Los Angeles County Lakshmanan Sathyavagiswaran, noto in America per essere comparso in qualità di testimone chiave nel processo contro l’ex campione di football O.J. Simpson. Data «la natura di alto profilo » della morte, il caso è stato affidato alla squadra omicidi e rapine della polizia di Los Angeles. L’ipotesi più accreditata è quella di un’iniezione, risultata fatale, di Demerol, un potente antidolorifico derivato della morfina, capace di provocare arresti respiratori e cardiaci. Jackson era solito assumerlo perché gli consentiva di alleviare i dolori cronici di cui soffriva da anni. Questa morfina sintetica— immortalata dallo stesso Jackson nel celebre motivo del ’97 Morphine dove canta «Demerol, Demerol» — gli sarebbe stata prescritta e iniettata un’ora prima della morte dal suo medico personale Conrad Robert Murray. Il cardiologo texano che viveva nella villa di Jackson era misteriosamente scomparso subito dopo la tragedia ma gli investigatori ieri l’hanno rintracciato e ascoltato nell’ambito dell’inchiesta sulla morte del suo ricco cliente. Citando fonti vicine alla famiglia, TMZ, il sito di gossip della CNN, afferma che «secondo i familiari gli è stata somministrata una dose eccessiva del farmaco». L’overdose, sempre secondo i familiari, l’avrebbe «prima addormentato, poi ucciso». Se ciò dovesse rivelarsi esatto, il medico potrebbe anche essere incriminato per omicidio involontario. Ma l’unica cosa certa, per ora, è che il cantante è morto nel sonno. Secondo i media Jackson era assuefatto alla morfina sintetica dal 1984, quando rimase gravemente ustionato in seguito ad un incidente sul set della pubblicità Pepsi. Fu allora che iniziò ad abusare di antidolorifici, assumendo anche grandi quantità di tranquillanti, antidepressivi e sonniferi, finendo nella clinica di disintossicazione di Betty Ford. Il settimanale The Enquirer scrisse a gennaio che Jackson «sta morendo, gli restano al massimo sei mesi di vita». Qualcuno sostiene che facesse anche uso di droghe, come la cocaina, che può causare disturbi cardiaci. Tanto che il padre Joe Jackson voleva convincerlo a ricoverarsi in un altro celebre centro di rehab a Palmdale, in California. Ieri l’ex manager e amico di Michael Jackson, Tarak Ben Ammar, ha accusato i medici «ciarlatani» del cantante di essere dei «criminali» perché, secondo lui, avrebbero approfittato di lui per arricchirsi, «imbottendolo di farmaci che avrebbero ucciso chiunque».
«È chiaro che i criminali in questo caso sono i medici che l’hanno curato durante tutta la sua carriera, che gli hanno distrutto il viso e gli hanno dato dei farmaci per togliergli i dolori», ha detto l’uomo d’affari franco-tunisino. «Non riusciva a dormire, perciò prendeva dei sonniferi. Era un ipocondriaco — ha continuato — e non sapevamo mai veramente se era malato perché era circondato da medici ciarlatani che vivevano di questa «malattia», che gli facevano pagare migliaia e migliaia di dollari in farmaci e vitamine».
Alessandra Farkas