Scatta la nuova stagione europea per i nostri club. Il sorpasso tedesco è ormai dietro l’angolo: nel 2011 rischiamo di perdere una squadra
Diego infortunato |
MILANO — Ogni anno, da qualche anno, è la solita storia. Solo che a furia di gridare «al lupo », stavolta c’è davvero il rischio di doversi leccare le ferite. Che il calcio italiano in Europa stia perdendo inesorabilmente posizioni, è in effetti un dato di fatto consolidato. Se ne discute da un bel po’ e sono anche scattati vari tipi di allarme. Adesso però il momento del dunque è arrivato: se infatti il nostro declino proseguirà secondo il trend del passato prossimo, quest’anno i club tedeschi potranno effettuare il sorpasso e noi, a partire dalla stagione 2011-2012, avremo una squadra in meno ai nastri di partenza della Champions League. Divertente? Mica tanto. Salviamo il salvabile. Ecco perché un successo italiano la sera del 22 maggio 2010 al Santiago Bernabeu di Madrid e, più in generale, un convincente cammino delle nostre squadre nella Champions che sta per scattare con il confronto a tutto campo con i francesi (domani Juve- Bordeaux e Olympique Marsiglia- Milan, mercoledì Lione-Fiorentina) e con l’attesissimo ritorno di Ibrahimovic a San Siro (mercoledì, Inter-Barcellona), avrebbe anche (se non soprattutto) una funzione difensiva: ci consentirebbe cioè di coprirci le spalle. Per comprendere quale sia la reale entità del pericolo è sufficiente scorrere le posizioni di testa del cosiddetto ranking Uefa, quello che contribuisce a definire annualmente l’assegnazione dei posti in Champions per ogni singola nazione. Da esso (1. Inghilterra 67,2; 2. Spagna 65,3; 3. Italia 52,1; 4. Germania 49,3) si evince che anche la più piccola sbandata potrebbe risultare fatale. In questo caso è il rendimento complessivo di un movimento calcistico a fare la differenza, gli acuti di un singolo club incidono in misura minore come, ad esempio, dimostra il caso del Milan che, pur avendo vinto la Coppa dei campioni per due volte nell’ultimo decennio (2003 e 2007), esattamente come Real (2000 e 2002) e Barcellona (2006 e 2009) e addirittura facendo meglio di Liverpool (2005) e Manchester United (2008), non è riuscito ad evitare che il solco con inglesi e spagnoli si trasformasse in un crepaccio profondo. Quest’anno la nostra squadra più attrezzata per sferrare l’assalto alla Coppa è senza dubbio l’Inter che, al pari del Milan con Kakà, ha lasciato partire il suo giocatore più rappresentativo (Ibrahimovic) ma che, a differenza dei rossoneri che si sono «rinforzati» con Huntelaar e Onyewu, ha saputo elevare a livelli di eccellenza il suo organico grazie agli acquisti mirati di Eto’o, Milito, Thiago Motta e Lucio. E se è vero che in Europa la storia può aiutare a fare la differenza, è evidente che mai come stavolta l’impegno di Moratti e il disimpegno di Berlusconi sembrano funzionali ad una riscrittura della storia. E che Ronaldinho, il paravento dietro cui giustificare lo smantellamento di una squadra, possa finire in panchina già a Marsiglia, è un ulteriore indizio in questa direzione. Come dimostrano le vicende italiane, pure la Juve si affaccia alla nuova Champions con il piglio giusto. La squadra è tosta, ha una corazza spessa, sa graffiare. Anche senza Diego, il suo genio della lampada. Però — e qui proprio l’Inter insegna — non sempre Europa fa rima con Italia. Ovviamente più ridotti gli orizzonti della Fiorentina ma pure i viola, riuscissero a soffiare il secondo posto al Lione, contribuirebbero a mantenere il nostro calcio in linea di galleggiamento. Certo, vincere a Madrid può valere 60 milioni di euro, ma anche salvare l’integrità del nostro contingente in Coppa avrebbe il sapore del successo.
Alberto Costa