RICERCA SUI TOPI. L’ipotesi per spiegare la misteriosa origine della malattia è stata formulata da ricercatori italiani della Cattolica
(Grazia Neri) |
Un batterio della famiglia di quelli che provocano la tubercolosi, ma assolutamente innocuo per l’uomo, potrebbe spiegare l’origine della sclerosi multipla. Almeno nei topi. A proporre questa ipotesi è un gruppo di ricercatori italiani dell’Università Cattolica che hanno pubblicato il loro lavoro sulla rivista Journal of Immunology. Questa malattia, capace di distrugge la guaina di mielina che protegge i nervi, è ancora misteriosa: si sa che nasce dall’interazione di fattori genetici e ambientali, ma non si sa esattamente come questi ultimi lavorino. Al momento sono due le teorie scientifiche che cercano di spiegare questa relazione: una chiama in causa un virus che arriva al cervello e scatena una risposta immunitaria antivirale che dà il via alla distruzione della mielina. La seconda ipotizza che un virus o un batterio, con proteine simili a specifiche molecole del sistema nervoso centrale, causa infiammazione la quale, a sua volta, provoca una reazione del sistema immune: è questa l’ipotesi autoimmune sulla quale hanno lavorato Francesco Ria (Istituto di Patologia generale) e Giovanni Delogu (Istituto di Microbiologia).
L’INGANNO – Con l’obiettivo di ingannare il sistema immunitario del topo, i ricercatori hanno leggermente modificato un batterio (della famiglia dei micobatteri cui appartiene, appunto, anche quello della tubercolosi) per renderlo simile alla mielina. Come tutti i batteri, anche se innocuo, stimola la reazione dei linfociti T del sistema immunitario che intervengono per distruggerlo. «Normalmente i linfociti T non raggiungono il sistema nervoso centrale – spiega Ria – perché non riescono a passare la barriera ematoencefalica. Il batterio è in grado di modificare queste cellule immunitarie, permettendo loro di superarla. In 15 giorni il batterio scompare completamente dall’organismo».
ATTACCO ALLA MIELINA – Una vola entrate nel cervello, le cellule T cominciano ad attaccare la mielina perché la «riconoscono» simile al batterio. «Con il nostro modello animale – commenta Ria – abbiamo dimostrato che è possibile essere infettati da un agente che non provoca di per sé malattia, ma può scatenare una patologia autoimmunitaria». Naturalmente questa ricerca, che è stata finanziata dall’Associazione italiana sclerosi multipla (Aism) è un primo passo e i ricercatori cercheranno adesso di capire quali sono le caratteristiche di un potenziale agente infettivo capace di scatenare la sclerosi e di capire quali sono le proteine batteriche, somiglianti a quelle della mielina, che ingannano il sistema immunitario. Se davvero queste domande trovassero una risposta e l’ipotesi «batterica» fosse confermata, si potrebbe addirittura pensare, in futuro, a un vaccino.
Adriana Bazzi