IL GIALLO. Si è tolto la vita vicino Taranto. Il 12 marzo avrebbe dovuto testimoniare al processo contro l’ex fidanzato
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Pietrino Vanacore (Ansa) |
ROMA – Si è tolto la vita Pietrino Vanacore. Fu il portiere dello stabile di via Poma a Roma, dove il 7 agosto 1990 fu uccisa Simonetta Cesaroni. L’uomo si è suicidato a Marina di Torricella , in località Torre Ovo, in provincia di Taranto, nella notte tra lunedì e martedì. Si è tolto la vita legandosi una lunga fune al collo e lasciandosi andare in un corso d’acqua in località Torre Ovo di Torricella, nel tarantino.
BIGLIETTI IN AUTO– Vanacore ha lasciato almeno due o tre biglietti di addio nella sua auto parcheggiata a poca distanza dal luogo del suo suicidio: uno sul tergicristallo dell’auto e uno all’interno della vettura. In tutti, secondo quanto si è appreso da fonti investigative, l’ex portiere di via Poma avrebbe scritto più o meno lo stesso messaggio: «20 anni di martirio senza colpa e di sofferenza portano al suicidio». Sul posto, si trovano i carabinieri che stanno aspettando il magistrato di turno Maurizio Carbone della Procura di Taranto. L’automobile dell’ex portiere è una Citroen Ax di colore grigio. Il corpo dell’uomo è ancora in acqua, affiorante. È visibile una fune che per ora non si sa a che cosa sia legata. S’intravede che è intrecciata ad una caviglia e anche attorno al collo. Il corpo – a quanto viene reso noto – è stato trovato da amici: non si sa se il ritrovamento sia stato casuale o fatto da persone che erano già alla sua ricerca.
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Simonetta Cesaroni, uccisa a Roma il 7 agosto 1990 (Proto) |
IL PROCESSO – Avrebbe dovuto testimoniare venerdì prossimo , il 12 marzo, nell’ambito del processo a Raniero Busco, accusato di aver ucciso l’ex fidanzata Simonetta Cesaroni. La ragazza, 21enne romana, fu trovata morta con 29 coltellate il 7 agosto del 1990 in un ufficio in Via Poma, nel quartiere Prati a Roma. Nell’udienza di venerdì è prevista la testimonianza, davanti ai giudici della III Corte d’Assise presieduta da Evelina Canale, anche dell’ex datore di lavoro della ragazza Salvatore Volponi, del figlio Luca, di Giuseppa De Luca, moglie di Vanacore, e del figlio dei due portieri, Mario, nonché di due esperti della polizia scientifica che esaminarono la scena del crimine nell’imminenza del fatto. Nell’udienza di venerdì avrebbe potuto scegliere di avvalersi della facoltà di non rispondere alle domande del pm Ilaria Calò in quanto indagato in procedimento connesso. Ciò in quanto fu in passato coinvolto in questa stessa inchiesta.
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Raniero Busco durante il processo in cui è accusato dell’omicidio di Simonetta Cesaroni (Proto) |
IL LEGALE DI BUSCO – «La morte di Vanacore è troppo vicina alla scadenza processuale per non essere collegata. Lui ha vissuto con rimorso sulla coscienza questa storia, e non perchè fosse l’autore dell’omicidio, ma perchè sapeva». Così l’avvocato Paolo Loria, difensore di Raniero Busco, sotto processo per l’omicidio di Simonetta Cesaroni, commenta la notizia del suicidio dell’ex portiere di via Poma. «Non so come interpretare questo fatto – ha aggiunto – l’ho saputo 20 minuti dopo che era successo».
«SAPEVA MA NON POTEVA PARLARE» – «Lui ha vissuto con rimorso sulla coscienza questa storia – continua il legale di Raniero Busco -, e non perché lui fosse l’autore dell’omicidio, ma perché sapeva. Evidentemente, però, non poteva parlare neanche a distanza di anni. Non se l’è sentita, in sostanza, di affrontare i giudici e gli avvocati in aula».
L’AVVOCATO DEI CESARONI – L’avvocato Lucio Molinaro, legale della famiglia Cesaroni, chiede tempo prima di commentare la notizia della morte dell’ex portiere dello stabile di via Poma: «Aspetto di parlare con il magistrato per avere una idea più chiara di quanto successo. Al momento sto seguendo le notizie di stampa. Personalmente cerco di essere prudente per capire come deve essere interpretata la notizia del suicidio di Vanacore. Mi dispiace ovviamente per il fatto umano in sé ma occorre capire che ricaduta avrà sul processo in corso questa vicenda».
Pietrino Vanacore (Ansa) |
TESTIMONE – Fu lui a trovare il corpo senza vita della Cesaroni. Il 10 agosto del 1990 infatti Vanacore fu fermato dalla polizia per poi tornare in libertà il 30 agosto successivo. Il 26 aprile del 1991 il gip Giuseppe Pizzuti accolse la richiesta di del pm Pietro Catalani e archiviò gli atti riguardanti Vanacore e altre cinque persone. Il 30 gennaio del 1995 il portiere uscì definitivamente di scena: la Cassazione confermò infatti la decisione della Corte d’appello di non rinviarlo a giudizio con l’accusa di favoreggiamento. Allora decise di lasciare Roma e tornare nella sua terra d’origine, a Monacizzo, poco distante da dove è stato trovato il corpo. Era pugliese, nato a Sava, nell’entroterra tarantino.
L’ALTRA INDAGINE – Una seconda indagine su Vanacore era stata archiviata poco meno di un anno fa, nel maggio 2009. I pm inquirenti (Ilaria Calò e Giovanni Ferrara), nell’ambito delle indagini su Renato Busco, ex fidanzato della giovane donna uccisa, il 20 ottobre 2008 avevano infatti disposto una perquisizione domiciliare nella casa pugliese di Pietrino Vanacore, perquisizione che non aveva portato a nessun risultato utile.
Antonio Castaldo