Sacconi: «Sono fiducioso». Bonanni: «Il lingotto rispetti l’accordo». L’azienda orientata a non trasferire la produzione della Panda dalla Polonia all’impianto campano
Sergio Marchionne in una foto d’archivio |
MILANO – Dopo il risultato del referendum tra i lavoratori dello stabilimento di Pomigliano, dove una maggioranza di poco più del 60 per cento ha detto sì all’intesa con l’azienda, la Fiat starebbe ripensando al piano di trasferimento della produzione della Panda dalla Polonia. Secondo alcune indiscrezioni il Lingotto si aspettava una percentuale di favorevoli più vicina all’80 per cento. In queste ore la Fiat sta valutando tutte le opzioni, non escludendo la rinuncia agli investimenti sullo stabilimento campano. A questo punto il futuro dell’impianto di Pomigliano diventerebbe molto incerto.
SACCONI : «NON VOGLIO NEMMENO PENSARCI…» – «Non voglio nemmeno ipotizzare che Fiat cambi idea» dice il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, alla luce del risultato del referendum. «Non ho parlato direttamente con Marchionne, ho sentito l’azienda dopo l’esito e sono fiducioso sugli investimenti su Pomigliano». «Al momento – aggiunge però Sacconi – non è previsto alcun incontro. Il governo opera quando le parti lo chiedono».
BONANNI: «LINGOTTO RISPETTI GLI ACCORDI» – Secondo il segretario della Cisl, Raffaele Bonanni, il Lingotto adesso «deve rispettare gli impegni». «Mi rifiuto di pensare che Marchionne non garantirà l’accordo – dice Bonanni a margine di una conferenza stampa a Pomigliano – se si dovesse verificare un’ipotesi del genere, con la stessa forza con la quale abbiamo difeso i posti di lavoro così saremo contro un abbozzo di ripensamento». Il leader sindacale afferma che sulla vertenza c’è stata «una campagna che hanno voluto politicizzare in tutti i modi sia a destra che a sinistra. Tutto sommato i lavoratori hanno preso la posizione giusta». «Ci sono le condizioni per fare gli investimenti – aggiunge – e garantire Pomigliano, anzi per garantire lo stabilimento e anche altri posti di lavoro». Da qui l’appello: «Chiediamo alla Fiat di procedere perché ha potuto contare su un vasto piedistallo su cui poter costruire prospettive». Bonanni invita anche le altre organizzazioni sindacali a guardare avanti. «Sono convinto che anche la Cgil si unirà a noi perché qui stiamo discutendo se la fabbrica debba stare in piedi o meno. Non è un gioco qualsiasi. Qui ci sono 5mila posti di lavoro più l’indotto e c’è l’avvenire industriale del Napoletano. Non è un gioco». Bonanni non ci sta infine a definire l’intesa siglata lo scorso 15 giugno con la Fiat una violazione dei diritti costituzionali: «È una bufala, una fregnaccia paurosa» afferma il segretario Cisl, spiegando di essere rammaricato per il fatto che la valutazione della vicenda si sia proprio fondata su questo assunto.
ANGELETTI: «CONFERMARE L’INTESA» – «Credo che l’opzione per la Fiat sia esattamente una, quella di confermare la validità dell’accordo e quindi l’investimento da realizzarsi nei prossimi mesi per trasferire la Panda a Pomigliano» concorda il segretario della Uil, Luigi Angeletti, a Sky Tg24. Angeletti sottolinea che «se in Italia si dovesse sostenere la tesi che le cose si possono fare soltanto se c’è l’unanimità, allora non si farebbe nulla». Se questa posizione può andar «bene per la politica, per le imprese sarebbe soltanto un pretesto».
AIRAUDO (FIOM): «LA FIAT SI È INCARTATA» – «Temo che la Fiat a Pomigliano si sia incartata e abbia fatto un referendum su se stessa» è il commento di Giorgio Airaudo, segretario regionale della Fiom-Cgil, a margine di un presidio dei lavoratori delle aziende in crisi in corso a Torino davanti alla Regione Piemonte. «Siamo di fronte ad un voto coraggioso dei lavoratori che hanno saputo, nonostante le pressioni e il ricatto, esprimere un dissenso sulle condizioni che vengono poste dall’azienda per portare la Panda a Pomigliano». «Non si può gestire il rapporto con il paese e con i lavoratori – prosegue il sindacalista – nello stesso modo in cui si gestisce un consiglio di amministrazione che delibera o meno un investimento». Airaudo ha poi osservato: «La Fiat deve ricordarsi che oltre ad essere una multinazionale è un’azienda italiana. Si comporti secondo le regole e le leggi italiane». Secondo il sindacalista della Fiom «siamo disposti a fare la Panda polacca ma non siamo disposti ad avere contratti polacchi. Siamo in Italia e Marchionne dovrebbe rendersene conto. Sulle regole italiane siamo pronti a riprendere il negoziato non da oggi ma da ieri».
Redazione online