Ad agosto 94 «invii» all’estero. Dalla Banca di Mestre una cornea ha consentito di «attivare» la vista a un neonato britannico.In Italia bene il trapianto ma «a macchia di leopardo»
MILANO – A Londra c’è un bambino venuto alla luce due volte. Quando è nato e pochi giorni dopo, a due mesi dalla nascita, quando ha visto per la prima volta la luce grazie a una nuova cornea partita dalla Fondazione Banca Occhi del Veneto e volata al Great Ormond Street Hospital di Londra, dove è stata trapiantata sul piccolo. La sua cornea era completamente opaca, ora grazie al dono di una famiglia veneta il bimbo inglese potrà vedere. «Il trapianto è stato necessario non solo per restituire al bambino una cornea trasparente, ma anche per rendere possibile l’attivazione della vista attraverso la stimolazione della retina – spiega Diego Ponzin –. Nei neonati il primo contatto con la luce è fondamentale: la luce deve filtrare attraverso la cornea e “attivare” la retina, che se non è stimolata non può cominciare a funzionare». La Fondazione veneta nell’estate 2010 ha avuto un boom di richieste dai centri esteri: «Ad agosto abbiamo inviato 94 cornee ad altri Paesi. Quello del bimbo londinese è uno dei tre casi di richieste per riceventi con età inferiore a un anno, ed è il primo caso di tessuto italiano trapiantato su un paziente così giovane», dice Davide Camposampiero, responsabile del Laboratorio della Fondazione. «Ogni volta che riceviamo una richiesta di tessuto ci assicuriamo che non ci siano nel territorio italiano altri pazienti in attesa, perché questi hanno la precedenza. A quel punto procediamo: tra luglio e agosto abbiamo inviato circa 130 cornee ad una decina di centri esteri, dal Sudafrica all’Olanda, dall’Arabia Saudita alla Germania» conferma Gary Jones, Coordinatore estero della Fondazione.
IN ITALIA – In Italia ogni anno circa 5.000 persone tornano a vedere grazie a un trapianto di cornea. Un numero di interventi molto vicino alle necessità dei pazienti italiani, visto che soddisfa l’80-90 per cento delle richieste. Anche la riuscita del trapianto è ottima nella maggior parte dei casi: a 5 anni dall’intervento oltre l’80 per cento delle cornee impiantate sopravvive. Dati rassicuranti, che emergono dal primo studio epidemiologico italiano sul trapianto di cornea, condotto dalla Fondazione Banca degli Occhi del Veneto e in corso di pubblicazione sulla rivista Cornea.
DIFFERENZE NORD-SUD – La ricerca ha seguito per cinque anni mille pazienti trapiantati, individuati con metodi statistici fra 4.500 casi. La cornea trapiantata sopravvive oltre 5 anni in più del 90 per cento dei pazienti con cheratocono, patologia che interessa circa un caso su due; pure nei pazienti più gravi la cornea sopravvive a lungo in oltre il 60 per cento dei casi. «Questi dati ci allineano ai migliori centri del Nord Europa – commenta Diego Ponzin, direttore della Fondazione –. Dallo studio emerge anche un’altra informazione interessante: le strutture che fanno il maggior numero di trapianti hanno anche i risultati più buoni. Al di sopra di un certo volume operatorio infatti si acquisisce un’esperienza tale da consentire una maggior padronanza delle tecniche operatorie e soprattutto della gestione del periodo post-operatorio. Oggi l’intervento dura mezz’ora, spesso lo si fa in Day Hospital; dopo però il paziente deve essere seguito periodicamente per tutta la vita, e solo chi vede molti casi riesce a gestire al meglio questa fase tutt’altro che secondaria». Da qui il «neo» italiano: la maggior parte delle strutture di maggior esperienza si trova al centro-nord, al sud i centri per il trapianto sono pochi e insufficienti. Perciò i pazienti del sud devono tuttora sobbarcarsi trasferte a nord, non solo per l’intervento ma anche per i controlli successivi. «Sicuramente dovremmo favorire una presenza omogenea di centri sul territorio, per consentire controlli efficaci e tempestivi quando qualcosa non va: a volte perdere uno o pochi giorni di tempo può fare la differenza – dice Ponzin –. Anche dal punto di vista delle donazioni, poi, dovremmo migliorare: in Veneto, Lombardia, Emilia Romagna e Toscana la donazione di cornee è ormai una realtà consolidata, altrove non è affatto così».
NUOVE TECNICHE – Tutto questo mentre nei trapianti di cornea si è consumata una sorta di «rivoluzione»: negli ultimi cinque anni, infatti, si sono messe a punto tecniche operatorie in grado di sostituire solo lo strato più interno della cornea, lasciando intatto quello esterno. Bastano uno o due accessi laterali per sostituire il solo «foglietto» interno (un niente, venti millesimi di millimetro di spessore). «La tecnica diminuisce il trauma sull’occhio e azzera quasi completamente il rischio di rigetto, accorciando i tempi di recupero e lasciando la superficie dell’occhio intatta, con la sua curvatura originaria: significa che dopo il trapianto il paziente non si ritroverà con nuovi difetti refrattivi», spiega Ponzin. Alla Fondazione, inoltre, entro l’inizio del nuovo anno dovrebbe rientrare in funzione la «cell factory», il laboratorio in cui si prepareranno cornee artificiali a partire da cellule staminali estratte dall’occhio dei pazienti; intanto si portano avanti studi per verificare la fattibilità di una vera e propria terapia genica della cornea. «Stiamo studiando pazienti con patologie genetiche che provocano alterazioni corneali: vogliamo caratterizzare le funzioni delle staminali presenti nella cornea di questi malati e riuscire a modificarle, riportandole sulla “retta via” – racconta Ponzin –. L’argomento è da ricerca di base, ma la stiamo svolgendo direttamente sui tessuti dei pazienti che seguiamo nei nostri ambulatori specializzati: speriamo così di trovare presto una via per la terapia».
CORNEE BIOSINTETICHE – I medici cercano vie alternative al trapianto o provano a realizzare nuove cornee in laboratorio perché le cornee donate non sempre bastano e perché in alcuni pazienti il trapianto «vecchio stile», di cornea da donatore, non va a buon fine. Da qui il fervore della ricerca nel campo delle cornee «artificiali»: l’ultimo passo in questo senso si è guadagnato la copertina della rivista Science Translational Medicine. Alcuni ricercatori canadesi, statunitensi e svedesi sono infatti riusciti a ricreare una cornea utilizzando collagene ricombinante umano: è prodotto in laboratorio, ma è del tutto analogo a quello umano e ha consentito di creare cornee trapiantate poi con successo su 10 pazienti. Le cornee biosintetiche sono rimaste vitali anche a due anni dall’intervento; sei pazienti hanno guadagnato in acuità visiva. «I risultati non sono ancora paragonabili a quelli che si hanno con il trapianto di cornea da donatore, ma questa è sicuramente una delle strade più promettenti per arrivare a una cornea “artificiale” biocompatibile. Per ora si studiano per dare un’alternativa a casi difficili, ma se i risultati venissero confermati e consolidati l’uso di cornee biosintetiche potrebbe anche essere esteso a una popolazione più ampia di pazienti; prima, tuttavia, dovremo essere certi che questi tessuti artificiali siano sicuri al 100 per cento, efficaci e magari poco costosi da produrre», conclude Ponzin.
Elena Meli