Il terremoto in indonesia. Si trovava su una delle isole devastate il 25 ottobre. «Pensavo di morire. Ecco come mi sono salvato…»
Gerardo Montanari |
NEW YORK – «Per la prima volta in vita mia ero certo di morire. Oggi amo ancora di più la vita. E il surf». Gerardo Montanari, – Gerry per gli amici, 23 anni, bagnino di salvataggio di Riccione con la passione del surf («è la mia vita», giura) – è l’unico italiano coinvolto nel devastante terremoto di magnitudo 7,7 che lo scorso 25 ottobre si è abbattuto sull’arcipelago delle Mentawai, al largo di Sumatra, in Indonesia, uccidendo almeno 394 persone, mentre altre 312 risultano disperse. Quella notte Gerry era ospite del Resort Macaronis, sull’isola di Pagai, insieme a nove australiani, due brasiliani e un cileno, surfisti veterani come lui. Verso le 21 e 40, un rombo assordante interrompe la cena del gruppo che, sbigottito, osserva i bungalow del resort accartocciarsi come fogli di giornale nel camino. «Temendo lo tsunami – racconta Gerry – ci siamo arrampicati di corsa in cima all’edificio principale, una costruzione di tipo orientale con tre tetti a pagoda, una delle pochissime ancora in piedi». Mentre l’adrenalina mette loro le ali, la prima onda gigante spazza via le barche charter noleggiate dai ragazzi per surfare nell’arcipelago. All’impatto con l’acqua, una di queste esplode in mille pezzi. «Fortunatamente i surfisti a bordo si erano lanciati in mare, appena in tempo per raggiungere di corsa la giungla e arrampicarsi sulle palme più alte». Improvvisamente lucidissimo, Gerry decide di imitarli: scenderà e correrà anche lui verso la giungla, in salvo da quella biblica furia.
Ma due onde giganti, una appresso all’altra, lo paralizzano. «È la fine – ho pensato. – Moriamo tutti. E invece abbiamo resistito all’impatto, aggrappati al tetto. Dio aveva deciso che non era la nostra ora. Solo lui ci ha salvati – insiste – perché era impossibile che fossimo ancora vivi. Intorno a noi tutto era morto e distrutto. Non c’era più niente. Solo una distesa infinita di acqua». Gerry e gli altri rimangono sul tetto per un tempo che sembra loro infinito, prima di scorgere delle piroghe in lontananza: il capo del villaggio Silabu, uno dei pochi risparmiati perché ubicato nell’entroterra, aveva inviato una mini-flottiglia di arche di Noè per soccorrerli. Sembrava un miraggio. Da Silabu, sempre in barca («non esistono strade a Pagai, solo mare e giungla») raggiunge il porto di Sikakap. L’indomani salpa per Padang col battello Ambu Ambu che una volta alla settimana collega Pagai a Sumatra.
Sulle onde |
Intanto a Riccione i genitori di Gerry, Augusto e Emanuela e la sorella Virginia aspettano con trepidazione sue notizie. «Alla Farnesina nessuno sapeva niente – racconta Virginia-. Insistevano che non c’erano italiani ma noi sapevamo che Gerry era là. Fortunatamente l’ambasciata italiana a Jakarta, persone splendide e competenti, in poco tempo ci hanno confermato che era vivo». Subito è partito il tam tam su Facebook. Dalle barche australiane che a bordo avevano telefoni satellitari, la famiglia Montanari scopre che tutti i ragazzi del resort erano vivi. «Siamo riusciti a parlare con lui – prosegue Virginia – Gerry ci ha rivelato che per la prima volta in vita sua ha avuto paura di morire». «È dai 18 anni che passa l’inverno a cavalcare le onde – le fa eco mamma Emanuela – parte i primi di ottobre e ritorna i primi di maggio».
La sua passione l’ha portato in tutto il Pacifico: Australia, Samoa, Polinesia francese, Hawaii, Nicaragua, Costarica. L’anno scorso ha scelto l’Indonesia e le Mentawai lo avevano rapito. «Onde meravigliose, silenzio assoluto, solo natura», aveva spiegato agli amici. Quest’anno aveva deciso di tornarci, anzi voleva imbarcarsi e girare tutto l’arcipelago fino alle Nicobare. Era il primo anno che ritornava nello stesso posto. «Eravamo abituati a non sentirlo anche per un mese – precisa Virginia -. Viaggia da solo, non ha cellulari e a volte è su isole dove non c’è nulla». E adesso? «Ha detto che ama sempre di più la vita e che non torna a casa -replica sua madre -. Aspetta i documenti, naturalmente non ha più nulla, ha perso tutto, ed è pronto per tornare a surfare». «Fra qualche giorno deciderò dove andare», ha detto Gerry ai suoi. «Tranquilli, ci vediamo a maggio».
Alessandra Farkas