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«Scappate, qui esplode tutto». Paderno, parla un operaio ustionato nel rogo

L’incidente ha ridotto in fin di vita quattro lavoratori e ne ha feriti gravemente altri tre. «Non era il primo incendio». Nell’impianto di rifiuti la temperatura ha toccato i mille gradi

Una delle foto scattate dai Vigili del fuoco

MILANO — «Qui esplode tutto». Erjon Zheva, 29 anni, due fessure rosse al posto degli occhi, le labbra riarse e il corpo bruciato che s’intravede sotto il lenzuolo, ritorna con la memoria alle 14.57 del 4 novembre. È il maledetto giorno del rogo nell’impianto dei rifiuti di Paderno Dugnano, l’esplosione alle porte di Milano che ha ridotto in fin di vita quattro lavoratori e ne ha feriti gravemente altri tre. «Stavo sul muletto, in mezzo alle latte di vernice, e non riuscivo a spegnere il motore che continuava ad andare». Un urlo precede di qualche attimo le grida di dolore per il corpo in fiamme: «Scappiamo», sono le parole dell’uomo mentre intorno a lui avanza il fuoco. «Sono riuscito a fare un balzo all’indietro — ricorda —. Così mi sono salvato».

È la prima testimonianza di uno degli ustionati gravi dell’inferno di Paderno Dugnano. Le frasi escono lente, ma l’italiano è scorrevole. Erjon Zheva, operaio albanese giunto a Milano nel 2002, è ricoverato al Centro grandi ustionati dell’ospedale Niguarda. Il corpo bruciato per il 45% galleggia su un materasso a sospensione, le ustioni sono di 3˚ grado, ogni contatto della pelle con una superficie solida provoca dolori inimmaginabili, per venire medicato deve sempre essere addormentato in anestesia generale. Per giorni il giovane è stato intubato. Solo ieri ha potuto riprendere a parlare. Nella fabbrica, dove per l’esplosione la temperatura è arrivata a mille gradi, c’è finito anche per il desiderio di metter su famiglia: ma la figlia, nata appena 45 giorni fa, ha rischiato di non vederla crescere. «Prima facevo il muratore poi, nel 2008, sono entrato all’Eureco — dice —. Sapevo che era un lavoro rischioso, tra rifiuti tossici, vernici, bombole di acetilene. Ma, pur di lavorare, si fa qualsiasi cosa». Quello di giovedì scorso non è il primo incidente. «I bidoni con i solventi avevano già preso fuoco almeno due-tre volte», ammette l’uomo. Gli inquirenti, che ieri sono tornati nello stabilimento di via Mazzini, cercano di capire che cosa ha innescato l’incendio. Dai primi risultati delle perizie risulta che il rogo è partito proprio dalle vernici, diluenti e materiali altamente infiammabili stoccati in maniera poco sicura. Il rogo ha raggiunto, poi, la bombola di acetilene e il muletto sul quale stava lavorando Erjon Zheva: «Il motore non si spegneva», continua a ripetere il sopravvissuto. Vicino a lui, quattro letti più in là, c’è Kasen Xhani, 21 anni, anche lui con ustioni al 25% del corpo per lo scoppio di Paderno Dugnano. «Sono in Italia da quattro anni — mormora poco dopo essere stato liberato dai tubi per la respirazione artificiale —. Non vedo l’ora di tornare a casa». In Albania? «No, qui a Milano».

«Scappate, qui esplode tutto». Paderno, parla un operaio ustionato nel rogoultima modifica: 2010-11-09T16:08:31+01:00da
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