Perugia – Sarebbe già stato identificato. Nessuna violenza sul corpo. Droga sintetica invece di eroina: ecco perché la ragazza 25enne vagava stordita
PERUGIA — Lo spacciatore, sabato sera nel centro di Perugia, non ha avuto scrupoli: ha visto arrivare due ragazze e ha detto di avere eroina, invece ha dato loro altro. Droga sintetica. Mdma, ecstasy. La deduzione di chi indaga è semplice: Vanessa, l’amica di Elisa Benedetti — morta all’alba di domenica, sola, tra i boschi di Casa del Diavolo— martedì ha raccontato tutto, anche la passeggiata in centro alla ricerca di un pusher. Però quella che i carabinieri hanno trovato domenica mattina nella macchina usata da Elisa, in quella fuga disperata tra i boschi, non era eroina. Se questa ipotesi è vera, la ragazza ha inalato Ecstasy, ha bevuto whisky e poi, ormai incapace di orientarsi e di capire, è andata verso Casa del Diavolo, alla periferia Nord della città. Si è persa e ha chiesto aiuto: ha telefonato al 118, ai carabinieri. Ha mentito: «Sono stata violentata». Poi, ha preso a vagare. E in una notte freddissima, qualche centinaia di metri più in là, è caduta nel torrente Ventia. Si è rialzata, ha steso il maglione fradicio su una pianta. E questo è stato l’ultimo gesto di Elisa, di venticinque anni. Chissà se ha fatto in tempo a vedere l’alba.
L’autopsia, eseguita ieri dalla dottoressa Anna Maria Verdelli, non lascia molti dubbi: insufficienza cardiorespiratoria, sul corpo non ci sono segni di violenza, neanche quella sessuale. È probabile che la morte sia sopraggiunta per assideramento, orientativamente all’alba di domenica. E però il fascicolo aperto in procura dal pm Antonella Duchini— «morte in conseguenza di altro reato» — va un poco oltre. Infatti i sospetti degli investigatori si concentrano su uno spacciatore del centro conosciuto col nome di Marco, come raccontato da Vanessa, che presto potrebbe essere iscritto nel registro degli indagati. Sarebbe stato lui a dare questa metanfetamina che provoca eccitazione e stordisce. E che, come dicono gli esperti, «se associata all’alcol può essere letale».
Per gli esami tossicologici ci vorranno settimane, ma di certo Elisa e Vanessa, sabato sera, all’inizio non si rivolgono al solito spacciatore, tale Matteo: hanno già preso droga quando vanno al bar del distributore di benzina di Ponte Rio. Bevono whisky in compagnia del tunisino Ahmed. Poi vanno via e dopo pochi metri hanno un incidente. Così, all’altezza della superstrada, mentre Vanessa compila il Cid, Elisa mette in moto la Punto e parte. Gli investigatori sospettano che vada a cercare altra droga. Non è assolutamente in grado di guidare: colpisce una casa vicina alla discoteca Red Zone. Di certo, adesso, i carabinieri cercano di ricostruire quei cinquanta minuti — dalla fuga dal luogo dell’incidente alle 23,45 a mezzanotte e trentacinque, quando per la prima volta chiama i carabinieri — che finora sono rimasti un mistero.
Dai tabulati telefonici risulta che fa quattro telefonate: forse qualcuno le dà un appuntamento. Elisa sbaglia strada. Per questo, se la ricostruzione degli inquirenti risulterà vera, si ferma sotto l’abitazione di un impiegato, Raul Rosi, e a lui dice di aver «sbagliato casa». Poi, frastornata com’è, prosegue per la stradina. Le ruote dell’auto finiscono nel fango: lei, a quel punto, chiede aiuto. Una volta al 118, tre ai carabinieri. È disperata, al telefono: «Sono stata violentata, ho paura, sento il rumore di un fiume ». Le dicono di rimanere nell’abitacolo, di aspettare. Elisa scende. Va verso il torrente, il gelo della notte. E un’alba che forse non è riuscita a vedere.
Alessandro Capponi