Giuseppe erricchiello, 26 anni, fa il pizzaiolo nella capitale giapponese. Martedì mattina la telefonata dell’ambasciatore: «Ormai sei rimasto da solo, ti prego scappa»
TOKYO – «Peppe, sei l’ultimo italiano rimasto a Tokyo. Ti prego, scappa». Inizia così la telefonata dell’ambasciatore italiano in Giappone, ricevuta questa mattina da Giuseppe Erricchiello, in arte Peppe, pizzaiolo nato 26 anni fa ad Afragola, vicino a Napoli, e residente a Tokyo da cinque anni.
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Peppe nella sua pizzeria |
Peppe è un mio amico. Peppe è uno dei molti che hanno fatto grande l’Italia all’estero. L’ho conosciuto in uno dei miei viaggi in Giappone, ho mangiato la sua pizza ed ho ascoltato la sua storia. Una storia che mi ha fatto comprendere il valore, il coraggio, la dolcezza e la straordinaria semplicità di questo ragazzo dal naso partenopeo. Peppe non padroneggia un italiano perfetto e l’inflessione dialettale è predominante, ma ciò che dice e racconta arriva sempre dritto al cuore: aveva circa 20 anni quando venne accoltellato perché – sembra impossibile, ma è storia di oggi – si era innamorato di una ragazza di cui non doveva innamorarsi. Era stato avvertito del rischio della sua scelta, ma le motivazioni che gli erano state fornite erano impossibili da comprendere per un ragazzino della sua età. Peppe rimane qualche mese in coma e al suo risveglio chiede aiuto a sua nonna, la donna che lo ha cresciuto: «Nonna, io non voglio rimanere in Italia, ho paura. La cosa che so fare meglio di tutte è la pizza. Secondo te, qual è il Paese dove piace di più la pizza?». La nonna rispose che le pareva che ai giapponesi la pizza piacesse, e Peppe, raccolto tutto il suo denaro, parte da solo per Tokyo, città dove inizia immediatamente a lavorare. Come garzone, aiuto cuoco e poi, finalmente, come pizzaiolo.
Pizza dopo pizza, ristorante dopo ristorante , Peppe in soli cinque anni riesce ad avere una pizzeria tutta sua – che ha chiamato La Bicocca – e a fare breccia nel cuore della gente della città, che lo ama. Oggi, o meglio, sino allo scorso venerdì, Peppe era diventato un personaggio pubblico: andava nelle scuole ad insegnare ai bambini giapponesi a fare la pizza napoletana; era a fare ospitate sulla televisione nazionale per raccontare i segreti del suo impasto; era all’ambasciata italiana, a fondare l’associazione dei pizzaioli napoletani in Giappone. E tutte le sere nel suo locale, a lavorare sodo, sempre, fino a tarda notte.
Oggi Peppe è l’ultimo italiano rimasto a Tokyo, tutti gli altri sono già tornati in Italia o si sono spostati in altre città del Giappone. Ha paura, ma non vuole andarsene. Non vuole scappare dalla città che lo ha accolto, non vuole abbandonare la gente che gli vuole bene. L’ho chiamato questa mattina per sentirlo, per sapere come e dove stesse vivendo queste incredibili ore, e l’ho trovato ancora a Tokyo. «Venerdì è stata durissima: ho avuto il tempo di pregare, di chiedere scusa per tutti i miei peccati e ho chiuso gli occhi pensando che tutto sarebbe sparito. Poi ho riaperto gli occhi e tutto era ancora lì, ma era caduto per terra. Stamattina mi ha chiamato l’Ambasciatore per dirmi di andare via subito, che è pericoloso. Ma mi dispiace lasciare questa gente. Se non faccio io la pizza, nessuno va più al ristorante. La città è vuota, per le strade non c’è più nessuno: sono tutti chiusi nelle case. I negozi sono serrati e gli alimentari non hanno più nulla da vendere, in alcune zone della città non c’è l’acqua e l’elettricità funziona solo ogni tanto. Sembra di essere in una città fantasma». Proprio ieri la moglie di Peppe, che si è sposato con una bella ragazza giapponese, ha scoperto di essere incinta e lui, fiero, mi ha detto che diventerà papà. E questo è l’unico motivo per cui Peppe oggi prenderà un treno e si sposterà per qualche giorno nel sud del Giappone. «Ma voglio tornare, perché la mia vita è tutta in questa città».
Massimo Triulzi