Al Senato non passa la richiesta della procura di Bari nei confronti dell’esponente Pd. L’Aula si esprime a favore della richiesta avanzata dalla Procura di Napoli. Decisivi i voti della Lega
ROMA – La maggioranza dei deputati ha detto sì all’arresto dell’onorevole del Pdl, Alfonso Papa. Su 612 presenti hanno votato a favore 319 deputati. I voti contrari sono stati invece 293. Non si è dunque realizzato il «salvataggio» che secondo molti sarebbe stato attuato grazie all’adozione del voto a scrutinio segreto, richiesto dal gruppo del Pdl e da quello di Popolo e Territorio (gli ex Responsabili). E nella serata di mercoledì Papa tramite i suoi legali ha preso contatti con la Guardia di finanza per concordare le procedure per costituirsi: un’auto delle Fiamme gialle lo ha poi accompagnato da Roma a Napoli dove il gip ha disposto la sua reclusione presso la casa circondariale di Poggioreale.
LA LINEA DELLA LEGA – Determinante la scelta della Lega: dopo il tira-e-molla dei giorni scorsi, con posizioni diversificate e a volte contrastanti annunciate di volta in volta dallo stesso Umberto Bossi, il Carroccio si è espresso formalmente per il sì all’arresto, lasciando comunque libertà di coscienza ai propri parlamentari. Già la giunta per le autorizzazioni di Montecitorio, nei giorni scorsi, aveva espresso parere favorevole al provvedimento restrittivo chiesto dalla Procura di Napoli nei confronti del parlamentare pidiellino, indagato nell’ambito dell’inchiesta sulla cosiddetta P4. In aula, al momento della votazione, era presente anche Silvio Berlusconi che poco prima, in un vertice a Palazzo Grazioli con il segretario del partito Angelino Alfano e i coordinatori regionali del Pdl aveva parlato della necessità di fermare «il rischio di una escalation di arresti» perché «perchè di questo passo si rischia di minare i numeri della maggioranza e di tornare al clima del ’92». E al termine della seduta ha battuto il pugno sul tavolo e ha commentato laconico: «E’ una vergogna».
DEPUTATI IN LACRIME – Subito dopo il via libera alla richiesta di arresto, Papa ha lasciato l’emiciclo tra gli abbracci dei colleghi. Alcuni parlamentari del Pdl sono usciti dall’emiciclo di Montecitorio in lacrime, parlando di «schifo» e «vergogna». Il premier Berlusconi, insieme ad alcuni ministri si è riunito nella sala del governo, probabilmente per fare il punto della situazione e decidere quali contromosse adottare. Oltretutto resta il nodo politico del rapporto con la Lega, il principale alleato: in aula era presente il ministro dell’Interno, Roberto Maroni – ma non c’era Umberto Bossi -, che ha ostentatamente votato a favore (utilizzando l’indice della mano sinistra, il «segnale» convenuto anche dalle opposizioni per dribblare le accuse di doppio gioco, che rende palese la pressione sul pulsante del sì) e che al termine della seduta si è limitato a dire: «Noi siamo coerenti». Anche il capogruppo Marco Reguzzoni ha fatto outing mostrando ai cronisti una foto scattata con il suo telefonino in cui si vede chiaramente il suo voto a favore dell’arresto. Fabrizio Cicchitto, capogruppo del Pdl, decisamente contrariato, ha invece parlato di «voto liberticida». E in serata, nel corso di un ulteriore vertice con lo stato maggiore del suo partito e alcuni esponenti di Popolo e Territorio, Berlusconi avrebbe parlato della necessità di una verifica politica immediata con Bossi per fermare quello che ha definito un «gioco allo sfascio».
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Alberto Tedesco, senatore del Pd, indagato dalla Procura di Bari (Ansa) |
TEDESCO «SALVATO» – La votazione è stata preceduta da una giornata di lavori parlamentari particolarmente tesa, culminata nel doppio voto pomeridiano sulle autorizzazioni all’arresto. Oltre al caso Papa era infatti in discussione al Senato anche una richiesta analoga per Alberto Tedesco, senatore del Pd passato al gruppo Misto, indagato dalla Procura di Bari per la sanità pugliese. Ma in questo caso l’Aula si è espressa per il no, nonostante lo stesso esponente democratico poco prima dell’inizio della seduta avesse chiesto ai colleghi di Palazzo Madama di votare sì al suo arresto. Anche al Senato il voto è avvenuto a scrutinio segreto: i no sono stati 151, a fronte di 127 sì e 11 astenuti. E’ però giallo sulla paternità dei voti: il Pd dice di essersi espresso per il sì e che sono stati in realtà molti senatori leghisti, con il voto segreto, a graziare tedesco per poi scaricare l’accusa di incoerenza sul centrosinistra. Accusa quest’ultima respinta al mittente dal Carroccio. Toscano, dopo il voto, ha annunciato che non rassegnerà le proprie dimissioni, come paventato da più parti: «Lasciando il mio incarico – ha puntualizzato – avrei dato ragione alle tesi dei pm che dicono che la mia posizione è potenzialmente criminogena». Ha tuttavia chiesto un «processo rapido» e annunciato la propria intenzione di rinunciare alla prescrizione affinché l’iter di giudizio non si interrompa.
LE TENSIONI – In mattinata c’erano state diverse scaramucce tra maggioranza e opposizione e il Pd, con Dario Franceschini, aveva in particolare parlato di un possibile scambio tra Pdl e Lega. La maggioranza era infatti arrivata a votare contro la posizione espressa dallo stesso esecutivo su alcune mozioni relative all’emergenza rifiuti, con evidente disappunto del ministro Stefania Prestigiacomo, andando dunque incontro alle posizioni del Carroccio, fortemente critico rispetto ad ulteriori aiuti esterni per la risoluzione dell’emergenza smaltimento a Napoli. Secondo il leader del centrosinistra, il Pdl avrebbe fatto dietrofront sui rifiuti per garantirsi la benevolenza del Carroccio nel voto del pomeriggio. In Aula, però, la Lega ha ribadito la propria posizione: indicazione formale per il sì, ma lasciando libertà di coscienza ai deputati. E il voto finale ha confermato che molti leghisti hanno dato l’ok all’arresto del deputato pidiellino.
«ASPETTIAMO TUTTI» – Dal canto suo il diretto interessato ha affrontato il voto ostentando tranquillità: «Aspettiamo tutti» aveva detto Alfonso Papa uscendo dalla chiesa dei santi Claudio e Andrea in piazza San Silvestro, dove aveva iniziato la sua giornata assistendo ad una messa. La chiesa è la stessa in cui si era raccolto in preghiera l’ex governatore di Bankitalia, Antonio Fazio, nelle ore dell’inchiesta che lo avrebbe poi costretto a lasciare la guida dell’Istituto Ma Papa aveva detto di non essere impressionato dalla coincidenza: «Se uno è cristiano non è superstizioso». Parlando poi in Aula prima del voto ha ribadito di essere «totalmente estraneo ad ogni addebito che mi viene contestato» spiegando che «comunque vada continuerò la mia battaglia di verità» e rivolgendo un pensiero alla moglie e ai figli «a cui oggi ho dovuto spiegare perché probabilmente nel fine settimana non potrò tornare a casa con loro».
LA SCRITTA NEI BAGNI – Intanto, mentre in Aula s’infiammava il dibattito sulla richiesta d’arresto, nei bagni della Camera è spuntata una scritta che condannava il deputato senza mezzi termini: «Cosentino camorrista, Papa in galera». I bagni – accessibili non solo ai deputati ma anche a giornalisti, operatori televisivi e dipendenti di Montecitorio – sono al piano dell’Aula, a pochi metri dall’emiciclo. Al pian terreno ci sono quelli maschili e dietro una porta di questi, con la penna nera, qualcuno ha vergato la scritta contro l’ex sottosegretario all’Economia e contro Papa. Non è la prima volta che spuntano invettive contro Cosentino, già etichettato come «camorrista», con una scritta molto simile sempre sulla porta di un bagno.
Alessandro Sala