Como – tragedia in un hotel di Grandate. L’uomo, ex guardia giurata, ai domiciliari per rapina, aveva sottratto la pistola a un collega
MILANO – Mattinata di terrore in un albergo di Grandate, alla periferia di Como, dove un 37enne ex guardia giurata, evaso dai domiciliari, si è asserragliato nella sua stanza per sfuggire alla polizia che voleva arrestarlo e poi si è suicidato. Gli agenti sono andati a bussare alla porta della stanza occupata da Raffaele Crispino, 37 anni, residente a Malgesso (Varese), alle 7.40. Dall’interno hanno sentito un colpo di pistola, hanno dato l’allarme e il primo piano dell’hotel è stato evacuato e circondato dalle forze dell’ordine. Per tre ore prefetto, militari e agenti hanno tentato di parlare con Crispino, contattando anche la sua ex moglie, che ha cercato invano di parlargli al telefono. Alle 10.40 c’è stata l’irruzione nella stanza: l’uomo giaceva esanime sul pavimento. A quel punto è stato evidente che il colpo di pistola udito dagli agenti era quello con cui l’uomo si era tolto la vita.
AI DOMICILIARI – Raffaele Crispino era finito in manette a inizio luglio, nell’ambito delle indagini su una rapina ai danni di una farmacia di Cocquio Trevisago, nel Varesotto. Durante l’interrogatorio di garanzia aveva ammesso le sue responsabilità, spiegando al giudice preliminare Stefania Pepe di averlo fatto perché oberato da problemi economici. Difeso dall’avvocato Mauro Pagani l’uomo aveva ottenuto, con il consenso del sostituto procuratore Sabrina Ditaranto, gli arresti domiciliari. Nella sua abitazione di Malgesso (Varese), quando le forze dell’ordine andarono a prelevarlo nella mattinata del 1°luglio, trovarono anche una pistola rapinata a una guardia giurata.
LA SECONDA RAPINA – Lunedì mattina c’è stata un’altra rapina identica, sempre a una guardia giurata, davanti alla sede dell’Inps di Varese. La somiglianza dei due casi ha indotto le forze dell’ordine a recarsi a Malgesso per alcune verifiche, scoprendo che Crispino era evaso dai domiciliari. In moto, l’uomo si era diretto verso Grandate, dove lunedì sera aveva preso una stanza all’hotel Ibis lasciando le sue vere generalità. Martedì mattina, non appena alla Questura di Como è arrivata la sua scheda insieme a quelle di altri clienti inviate dai responsabili dell’albergo, gli agenti hanno deciso l’arresto, per l’evasione dai domiciliari. Appena hanno bussato alla sua camera, qualificandosi, si è sentito un colpo di pistola.
LO SPARO – Dopo aver fatto evacuare gli ospiti del primo piano dell’hotel, la polizia ha più volte tentato di chiamare l’uomo al telefono della stanza d’albergo, per iniziare una trattativa. È stata avvisata anche la moglie, che lo ha chiamato ripetutamente sul cellulare. Tutti tentativi senza risposta, che hanno fatto ritenere che Raffaele Crispino fosse intenzionato a non cedere. Quindi è stata decisa l’irruzione. Quando gli agenti sono entrati, però, l’uomo era già morto da tre ore. Tra i clienti dell’Hotel Ibis, quasi tutti turisti nordeuropei, in pochi hanno fatto in tempo a capire cosa stesse realmente accadendo. Quasi nessuno, a quanto si è appreso, ha sentito il colpo di pistola sparato alle 7.40.
I CLIENTI DELL’HOTEL – La catena di hotel Accor, proprietaria del marchio Ibis, ha fatto sapere che l’albergo è tornato alla piena operatività e che nessuno degli altri ospiti è rimasto coinvolto o ferito nella sparatoria. «Le procedure di gestione di crisi, applicate da tutti gli hotel del Gruppo Accor nel mondo e seguite dal personale dell’Ibis di Como – si legge in una nota – hanno agevolato l’intervento e l’azione delle forze di polizia e hanno permesso che la tragica vicenda si svolgesse senza danno alcuno per i 198 clienti presenti e per i dipendenti».
DISPERATO PER I DEBITI – Crispino era arrivato a Varese da Napoli con un diploma di perito elettronico e aveva iniziato a lavorare in un’azienda come operaio. Poi era diventato caporeparto, ma le cose erano andate male: si era ammalato, aveva fatto causa all’azienda e aveva accettato un posto da guardia giurata. «Era un uomo disperato. Aveva capito di aver commesso una raffica di errori», commenta amaramente il legale Mauro Pagani. L’avvocato spiega che «era oberato dai debiti. Per lungo tempo rimase disoccupato e aveva avuto anche seri problemi di salute. Andò anche in causa con l’azienda dove lavorava e accettò una buonuscita: con quei soldi contava di tirare avanti un po’, sperando che la situazione migliorasse». In quello stesso periodo però anche la moglie, che lavorava in un’altra ditta, rimase senza lavoro. Da qui la disperazione, le rapine e infine il tragico epilogo.
Redazione online (ha collaborato Anna Campaniello)