Stessa richiesta da ue, francia, germania e gran bretagna. Il presidente degli Usa per la prima volta dopo cinque mesi chiede le dimissioni del leader siriano
DAMASCO – «Assad si faccia da parte». Ad oltre 5 mesi dall’inizio dei massacri in Siria, Barack Obama ha finalmente rotto gli indugi e ha chiesto esplicitamente al presidente siriano Bashar el Assad di lasciare. Lo riferiscono fonti ufficiali. Si tratta della prima richiesta esplicita da parte di Washington delle dimissioni del presidente siriano. L’Europa ha seguito a ruota il presidente Usa: anche Germania, Francia e Gran Bretagna hanno chiesto che il leader siriano si dimetta per la sanguinosa repressione condotta dalle sue truppe contro gli oppositori. Lo comunica l’Eliseo specificando che la dichiarazione è stata concordata da Nicolas Sarkozy, il cancelliere Angela Merkel e il premier britannico David Cameron. La Svizzera ha richiamato il suo ambasciatore a damasco.
NUOVO PROVVEDIMENTO ESECUTIVO – «Per il bene del popolo siriano è giunto il momento che il presidente Assad si faccia da parte». È quanto scrive il presidente degli Stati Uniti Barack Obama nel documento con il quale gli Usa chiedono per la prima volta al presidente siriano Bashar Assad di lasciare il potere. Intanto, gli Usa hanno diramato un provvedimento esecutivo dove sono previste «durissime» sanzioni. In particolare contro cinque compagnie petrolifere siriane che non potranno al momento fare affari con gli Stati Uniti. Lo h annunciato i Dipartimento al Tesoro Usa. Le società bandite sono General Petroleum Corporation, Syrian Company for Oil Transport, Syrian Gas Company, Syrian Petroleum Company e la Sytrol. Il provvedimento, inoltre, vieta l’esportazione di servizi da parte di aziende americane verso la Siria. Le nuove sanzioni che Obama ha ordinato giovedì al Tesoro, bloccano di fatto tutte le attività petrolifere ed economiche siriane negli Usa o con soggetti americani. La nota dice anche che l’ordine presidenziale autorizza a misure di ritorsione contro qualunque persona fisica o giuridica, americana o no, che «fornisca sostegno allo stato siriano». La decisione degli Stati Uniti si inquadra nella strategia internazionale per convincere il presidente siriano Bashar el Assad a farsi da parte. Tra le altre sanzioni imposte anche il congelamento di tutte le proprietà negli Usa dell’entourage degli Assad.
CLINTON: «TRANSIZIONE LASCIATA AI SIRIANI» – «È giunto il tempo che Assad se ne vada e lasci spazio a una transizione verso la democrazia»: lo ha detto il segretario di Stato statunitense, Hillary Clinton, in una dichiarazione in diretta televisiva. «Faremo passi per mitigare qualunque effetto non voluto delle sanzioni sul popolo siriano. Sono sanzioni intese a fermare la campagna di terrore di Assad». Il ministro degli Esteri Usa ha poi parlato di transizione politica del dopo Assad: «sarà lasciata ai siriani – ha detto Clinton – Nessuna potenza esterna può imporre una transizione. Dovranno scegliere i siriani, in un sistema democratico e legale senza distinzione di etnia, religione, setta o genere. Noi faremo la nostra parte per sostenere le loro aspirazioni per una Siria democratica e inclusiva». Giovedì sera, ha ricordato Clinton, «il Consiglio di sicurezza si riunirà per discutere di questa minaccia alla pace e alla stabilità internazionali».
LA POSIZIONE EUROPEA – «L’Unione europea ritiene che il presidente Bashar al Assad abbia perso qualsiasi legittimità agli occhi del popolo siriano e che debba lasciare il potere». È quanto detto dall’Alto rappresentante Ue per la politica estera, Catherine Ashton. La Ue – ha fatto sapere l’Alto rappresentante – sta «muovendosi verso» l’adozione di «nuove e più ampie sanzioni» contro il regime siriano. Alle parole ufficiali della Ashton fa eco il comunicato congiunto dei leader dei tre principali Paesi europei: Nicolas Sarkozy, Angela Merkel e David Cameron hanno chiesto al presidente siriano Bashar el-Assad di lasciare il potere ed hanno auspicato l’adozione di «nuove e più severe sanzioni» nei confronti del regime di Damasco. Il presidente francese, il cancelliere tedesco e il primo ministro britannico, in particolare, esortano il regime siriano «a porre fine immediatamente a qualsiasi forma di violenza, a liberare i prigionieri politici a permettere alle Nazioni Unite di condurre senza intralci una missione di monitoraggio della situazione». Anche la Svizzera ha deciso di intervenire e ha richiamato il suo ambasciatore a Damasco, per consultazioni in segno di protesta contro la violenta repressione messa in atto dal regime di Bashar el-Assad nei confronti dei manifestanti anti-governativi. Il ministero degli Esteri svizzero ricorda di aver già rivolto «numerosi appelli alle autorità siriane a rispettare i diritti fondamentali» dell’uomo, aggiungendo che «condanna in particolare l’alto numero di morti e di feriti e porge le sue più sincere condoglianze alle famiglie delle vittime». Nel comunicato si chiede poi al regime siriano di interrompere immediatamente la repressione e l’uso della tortura, mentre si invita al rispetto della libertà di espressione e di manifestare. In precedenza Berna aveva bloccato beni per 27 milioni di franchi, pari a 34 milioni di dollari e 23,6 milioni di euro, appartenenti ad Assad e ad altri 22 esponenti del regime di Damasco.
ASSAD: «TERMINATE LE OPERAZIONI» – Il presidente siriano Bashar El Assad ha comunicato al segretario generale dell’Onu Ban Ki-Moon che le operazioni di militari e polizia contro i manifestanti pro-democrazia sono state fermate, ma gli attivisti parlano di nuove violenze nella notte, mentre si fa strada l’ipotesi che la Siria possa essere accusata di crimini contro l’umanità. Gli attivisti hanno riferito che due manifestanti sono stati uccisi da miliziani pro-Assad dopo le preghiere notturne del Ramadan a Homs, e che le forze di sicurezza hanno condotto raid in distretti di Hama e nella capitale Damasco.
DECINE DI MORTI DALL’INIZIO DEL RAMADAM – Assad ha messo in piedi una campagna militare contro le proteste dall’inizio del mese sacro del Ramadan, il primo agosto, e le forze di sicurezza hanno ucciso decine di persone. Nonostante le autorità siriane abbiano annunciato il ritiro dell’esercito da Hama e Deir al-Zor, gli abitanti dicono che unità militari sono ancora presenti in quelle città e che arresti e uccisioni proseguono. L’esercito, inoltre, è ancora schierato a Homs e nella città costiera di Latakia. Gli abitanti di Hama dicono che le forze siriane nella notte hanno fatto irruzione in abitazioni del quartiere al-Qusour, mentre centinaia di poliziotti e miliziani hanno eseguito raid nel quartiere Rukn al-Din di Damasco. Attivisti locali riferiscono che le truppe siriane al confine con la Turchia hanno sparato verso il villaggio di Bdama per fermare i profughi la Latakia verso la frontiera. Sono 24 i civili uccisi ieri in Siria, secondo l’Unione di coordinamento della rivoluzione siriana. «Assad sta cercando di convincere la Turchia che gli attacchi si sono fermati, cosa che potrebbe anche contribuire a placare gli Stati Uniti, pensando di poter evitare nuovamente che Washington gli chieda di dimettersi», ha riferito un diplomatico occidentale a Damasco. «Ma le operazioni – ha aggiunto – non si sono fermate».
ACCUSA DI CRIMINI CONTRO L’UMANITA’ – Tank, granate, cecchini, artiglieria pesante ed elicotteri sono stati usati nella campagna contro gli oppositori, sostengono oggi in un rapporto al Consiglio per i diritti umani dell’Onu i 47 membri dell’agenzia che hanno avviato un’inchiesta sulla Siria. «La missione ha trovato una serie di violazioni dei diritti umani che costituisce attacchi diffusi o sistematici contro la popolazione civile, che potrebbe equivalere a crimini contro l’umanità», dicono nel rapporto, citando in maniera specifica lo Statuto di Roma della Corte penale internazionale. Il team, che si è occupata della situazione da metà marzo a metà luglio, non può entrare in Siria ma ha intervistato vittime e testimoni nella regione. Ha compilato una lista di 50 esponenti del governo siriano a vario livello che potrebbe essere usata in eventuali processi. Il rapporto e i lavori del Consiglio dovrebbero esercitare altra pressione su Assad. L’Alto commissario Onu per i diritti umani Navi Pillay, ex giudice delle Nazioni Unite per i crimini di guerra che parlerà giovedì al Consiglio di Sicurezza a New York, dovrebbe suggerire di deferire la Siria alla Corte penale internazionale.
RIUNIONE D’EMERGENZA – Il Consiglio per i diritti umani dell’Onu terrà una riunione d’emergenza lunedì prossimo sulle violenze in Siria, dopo che 24 paesi, quattro dei quali arabi (Giordania, Kuwait, Qatar e Arabia Saudita), hanno appoggiato l’appello dell’Unione europea ad intervenire. Gli Stati Uniti sono tra i paesi che hanno sostenuto la necessità di una speciale sessione del Consiglio, come riferisce un comunicato dell’Onu. Mercoledì in una telefonata con il leader siriano, Ban Ki-Moon «ha espresso allarme per le ultime notizie di continue significative violazioni dei diritti umani e del ricorso eccessivo alla forza da parte delle forze di sicurezza siriane contro i civili in Siria, anche nel distretto Al Ramel di Latakia, dove si trovano diverse migliaia di rifugiati palestinesi», dice l’Onu in un comunicato diffuso mercoledì sera. «Il segretario generale ha posto l’accento sul fatto che tutte le operazioni militari e gli arresti di massa devono cessare immediatamente». Si stima che la repressione sia costata la vita ad almeno 2.000 civili dall’inizio delle proteste cinque mesi fa.
Redazione online