La manovra, il governo. Via la stretta su laurea e naja. Rispuntano aumento dell’Iva e contributo solidarietà. Verso la fiducia
Escono dalla manovra economica le misure sulle pensioni che hanno scatenato un’ondata di polemiche. I provvedimenti sulla previdenza, che “tagliavano fuori” nel calcolo per i 40 anni di contributi, gli anni del servizio militare e della laurea riscattati, sono stati cancellati dalla maggioranza dopo i dubbi della Lega e le proteste arrivate da più parti. All’origine della decisione, secondo fonti della maggioranza, vi sarebbero i dubbi di costituzionalità sulla norma. La decisione sarebbe stata presa nel corso dell’incontro di questa mattina fra i ministri Maurizio Sacconi e Roberto Calderoli. I due ministri si erano incontrati per lavorare con i tecnici del Ministero del Tesoro alle misure contenute nella manovra e per verificarne i saldi alla luce delle correzioni annunciate.
Secondo le fonti vicine al governo citate dalle agenzie di stampa, dello stralcio della norma se ne parlerà in maniera definitiva nel corso del consiglio dei ministri di giovedì mattina alle 9,30. Secondo le stesse fonti, dallo stralcio della norma sulle pensioni non è previsto alcun minor gettito per le casse dell’erario, perché l’emendamento non era ancora stato
presentato e quindi non rientrava ancora nel testo definitivo della manovra. La norma avrebbe interessato una platea di 665.000 persone.
Il decreto è ora all’esame della commissione bilancio al Senato: 1.300 gli emendamenti presentati, le modifiche del governo dovrebbero arrivare entro le 18.
Le critiche sui quotidiani – La decisione sulle pensioni arriva dopo che all’interno della maggioranza, la Lega ha avanzato forti dubbi e dal giornale di partito la Padania, ha chiesto che la manovra venisse rimessa “in discussione”.
Dopo gli attacchi dell’opposizione (per Casini i conti “non tornano”, mentre per Bersani si rispetta il “patto con gli evasori” e non con i cittadini) anche sui quotidiani tante le critiche arrivate alle nuove misure. In un fondo in prima pagina sul Corriere della Sera Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella parlano di “scelta platealmente punitiva”. Anche per Libero “il colpo di mano sui riscatti di naja e laurea non va bene”, ma il giornale di Belpietro chiede di colpire i “privilegi dei sindacati”. Per Italia Oggi “la sterilizzazione” dei riscatti è “palesemente incostituzionale”. E anche il Giornale, che pure in un editoriale di Nicola Porro parla di “Manovra buona, quella perfetta non esiste”, nelle pagine interne sottolinea che sul “ritocco al sistema previdenziale” molti nella maggioranza sospettano “di aver fatto un mezzo pasticcio”.
Sui giornali (dalla Stampa, a Repubblica al Fatto quotidiano) anche i dubbi sulla copertura dei saldi già sollevati da Casini: dopo gli ultimi ritocchi all’appello mancherebbero 5 miliardi e secondo un retroscena di Repubblica il premier Berlusconi (che martedì si è detto “molto soddisfatto” della manovra) starebbe pensando di recuperare la cifra mancante dal ritocco dell’Iva.
Un pasticcio. Difficile definire altrimenti la manovra del governo sul riscatto del corso di laurea e del servizio militare ai fini della pensione. Per venirne fuori si incontreranno questa mattina il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, quello della Semplificazione, Roberto Calderoli, con i loro tecnici e quelli del ministero dell’Economia. Sul tavolo la controversa norma sui riscatti appunto, e più in generale il capitolo previdenza. Ma vediamo come si è arrivati a questo punto.
La mannaia sui 40 anni di contributi
L’altro ieri, al termine del vertice di maggioranza presieduto da Silvio Berlusconi, il presidente del Consiglio ha diffuso un comunicato che, dando conto delle decisioni prese circa le correzioni da fare al decreto legge del 13 agosto, per quanto riguarda la previdenza diceva testualmente: «Mantenimento dell’attuale regime già previsto per coloro che abbiano maturato quarant’anni di contributi con esclusione dei periodi relativi al percorso di laurea e al servizio militare che rimangono comunque utili ai fini del calcolo della pensione». Il ministero del Lavoro spiegava che, dal 2012, per andare in pensione d’anzianità a prescindere dall’età anagrafica non sarebbero bastati più 40 anni di contributi comunque realizzati e quindi anche con eventuali riscatti della laurea e del militare, ma sarebbero serviti 40 anni di lavoro effettivo. Gli eventuali anni riscattati conterebbero quindi non più per lasciare prima il lavoro ma solo per avere una pensione più alta. Per chi va in pensione d’anzianità col sistema delle quote (età anagrafica più contributi), precisavano infine al Lavoro, non sarebbe cambiato nulla. Fin qui gli annunci, perché, come dice lo stesso comunicato di Palazzo Chigi, la traduzione dell’intesa politica in norme è affidata agli emendamenti alla manovra che verranno presentati dal relatore di maggioranza, Antonio Azzollini (Pdl), forse questa sera.
Salvi i diritti acquisiti
Ieri mattina è montata però la protesta. Non solo la Cgil e le opposizioni, ma anche la Cisl e la Uil, che ha addirittura minacciato lo sciopero generale. Poi è intervenuto lo stesso Azzollini con una dichiarazione che ha cambiato le prospettive. Il relatore ha infatti annunciato una «norma transitoria» per escludere dalle nuove regole chi ha già presentato la domanda di riscatto. Se così è, a maggior ragione verrebbero esclusi coloro che hanno già riscattato la laurea o il militare. E quindi la stretta si applicherebbe solo a chi volesse riscattare dal 2012 in poi: potrebbe farlo ma ai soli fini di avere una pensione più ricca e non più per raggiungere i 40 anni di contributi e lasciare il lavoro.
E i risparmi previsti?
Se l’emendamento si muoverà in questo senso, salterà però parte dei risparmi annunciati dallo stesso governo l’altro ieri: 500 milioni di euro nel 2013, un miliardo nel 2014 e ancora di più nel 2015. Stime elaborate su una previsione di circa 70-80 mila pensionamenti con 40 anni di contributi grazie a un anno di riscatto del militare più altri 10-11 mila pensionamenti grazie al riscatto del corso di laurea. In pratica, la stretta avrebbe colpito una platea potenziale di circa 90 mila lavoratori, costretti a rinviare il pensionamento di un anno (nel caso del riscatto solo del militare) o di più anni. Se invece venissero salvati i diritti acquisiti, forse resterebbero impigliati nella rete solo una parte di coloro che riscattano il militare. Infatti, essendo questo un accredito di contributi gratuito e non a pagamento come quello del corso di laurea, molti vi ricorrono un minuto prima di presentare la domanda di pensione e quindi verrebbero colpiti da una eventuale norma che stabilisse appunto che da ora in poi si può andare in pensione indipendentemente dall’età solo con 40 anni di lavoro effettivo. Questi lavoratori, in sostanza, dovrebbero rimandare il pensionamento di un anno.
Troppi problemi aperti
Il ripensamento in atto, che farebbe salvi tutti i riscatti già effettuati o in corso, è maturato anche perché ci si è resi conto dei molti problemi che si sarebbero aperti. Se la norma non venisse aggiustata rispetto agli annunci iniziali, ci sarebbero per esempio decine di migliaia di lavoratori coinvolti nelle ristrutturazioni aziendali, attualmente in mobilità, che attendono di andare in pensione anche grazie al riscatto e che rischierebbero di restare senza pensione e senza sussidio nel caso di impossibilità di far valere il corso di laurea o il servizio militare. C’è inoltre la questione dei lavoratori che avevano più di 18 anni di contributi nel 1995 e che vanno in pensione col sistema retributivo che calcola l’assegno fino a un massimo di 40 anni di contributi, i quali non potrebbero giocarsi il riscatto per avere una pensione più alta.
Enrico Marro & SkyTg24