IL CASO IN RETE/ Antonio Menna crea l’alter ego campano (e fallito) del genio Apple: il successo non si può raggiungere in Italia
Antonio Menna, 42 anni |
NAPOLI – «Mettiamo che Steve Jobs sia nato in provincia di Napoli. Si chiama Stefano Lavori. Non va all’università, è uno smanettone. Ha un amico che si chiama Stefano Vozzini. Sono due appassionati di tecnologia, qualcuno li chiama ricchioni perché stanno sempre insieme». Chiunque abbia un profilo su Facebook avrà visto postare e ripostare, nelle ultime 36 ore, queste (amare) righe di un blogger napoletano: Antonio Menna, 42 anni, giornalista e, come si definisce lui stesso «precario della comunicazione». La storia di Stefano Lavori che – come il genio della Apple – tenta di inseguire in terra campana la sua idea di un computer rivoluzionario, finisce male, con la disillusione di un padre costretto a dire al figlio: «Guaglio’, libera questo garage, ci fittiamo i posti auto, che è meglio». In Rete, però, ottiene un record di clic. «Ho ricevuto 130 mila visite in un giorno e mezzo, su un blog che raccoglieva di solito 100-150 lettori per ogni articolo – dice Menna al telefono con il Corriere -. Non mi aspettavo un successo del genere».
Il post sul blog di Antonio Menna |
«UNA FIABA AMARA» – Dietro i numeri, il potere della Rete, capace di creare fenomeni (anche se talora effimeri) in poco tempo. Tutta la forza del personaggio Steve Jobs, la cui morte ha emozionato e scatenato gli utenti su Twitter e Facebook. Ma anche una storia, certo semplice, ma capace di intercettare uno stato d’animo diffuso tra i giovani italiani (i maggiori frequentatori di Internet e social network): la sensazione che non esiste realizzazione indipendentemente dal contesto e che, nel nostro Paese in particolare, valore e talento da soli non bastano. «Non era mia intenzione confrontare la Campania con la California, né due epoche storiche lontane. Ho voluto solo raccontare una fiaba amara, provocare» premette Menna. Poi spiega: «Sono partito da quello che conosco, la realtà napoletana, dove la corruzione, la criminalità organizzata, la lentezza della burocrazia e le difficoltà di accesso al credito rendono molto difficile mettere in gioco il proprio talento. In questo scenario, l’invito di Steve Jobs ai giovani di Stanford “Siate affamati, siate folli” mi suona strano, impossibile da seguire. E in molti, da tutta Italia, mi hanno scritto per dire che anche in altre città succede lo stesso».
I COMMENTI – «Ironia..e tanta amarezza! Questo storia riguarda tutti noi italiani… oltre a noi partenopei» scrive ad esempio Alfonso. «Verissimo. Sta succedendo la stessa cosa a me, non a Napoli ma a Roma. Se nasci in Italia sei fregato, rimani uno con un sogno nel cassetto» testimonia Vincent. «Neanche a Milano avrebbe fatto quello che è riuscito a fare in California. Ma non parliamo di Steve Jobs, come lui tanti altri!» conferma Beppe Pantera . Che innesca anche un altro tema caldo tra i giovani italiani, la possibilità di trasferirsi all’estero come via alla realizzazione: «Se hai un cervello, piccolo medio o grande, e per sbaglio sei nato in Italia te ne devi andare!» scrive. «Terribilmente vero… – condivide Serafina – per poter riuscire devi solo andare via, lo sto vedendo sulla pelle dei miei amici e presto anke sulla mia… ke rabbia!». Scelte molto più complesse e individuali, in realtà, di quanto possa essere racchiuso nello sfogo di un post. «Se mi posso permettere… scappare non è la soluzione. Se uno tiene a cuore le sorti della propria terra, non scappa, ma resta e fa qualcosa per cambiare e migliorare le cose» ribatte tra gli altri Marco.
Antonio Menna è uno che è rimasto. «Non credo di essere un talento, sono solo un giornalista e provo a scrivere libri. Ma certo, per la realtà in cui sono nato ho pagato un prezzo più alto di altri. E in fondo, se valgo o no, non sono mai stato in grado neppure di sperimentarlo».
Alessia Rastelli