LA MAGGIORANZA E I NUMERI. Anche il senatore vizzini, lascia il pdl per l’udc. Si tratta di Alessio Bonciani e Ida D’Ippolito
Silvio Berlusconi (Tam Tam) |
MILANO – Il numero di voti su cui può contare il premier Silvio Berlusconi alla Camera si assottiglia. La maggioranza scende infatti a 314 voti. I deputati del Pdl Alessio Bonciani e Ida D’Ippolito hanno ufficializzato la loro intenzione di lasciare il Popolo della libertà, con una lettera inviata al proprio gruppo. I parlamentari, come ha annunciato in Aula il vicepresidente Rocco Buttiglione, passano al gruppo Udc.
VIZZINI – Ma anche al Senato il Pdl avverte i primi scricchiolii. Carlo Vizzini, presidente della Commmissione Affari Costituzionali, lascia il Pdl e va al gruppo misto in rappresentanza dei socialisti di Nencini. «Berlusconi – spiega in una intervista a Repubblica – si è spinto oltre facendo il grande partito, il Pdl, che ora gli scoppia tra le mani», è un «un partito ormai dominato dai signori delle tessere che si contendono il dopo Berlusconi». E annuncia che non voterà la fiducia, auspicando un governo di larghe intese. Alfano spiega Vizzini «ha detto che il Pdl si propone di diventare un raggruppamento di cattolici democratici. Una Balena bianca più piccola di prima. Ma io che con Occhetto e Craxi nel 1992 fondai il Partito socialista europeo non morirò democristiano».
DENTRO LA MAGGIORANZA – Cambio di casacca, poi, sempre alla Camera, tutto interno alla maggioranza: i deputati di Popolo e territorio Amerigo Porfidia, Elio Belcastro e Arturo Iannaccone lasciano il gruppo, per costituire una componente autonoma nel Misto, dal nome «Noi per il partito del Sud-Lega Sud». «Confermiamo la fiducia al governo», dice comunque Iannaccone raggiunto al telefono dall’agenzia Ansa.
I NUMERI – Una notizia quella dei vari addii che manda in fibrillazione lo stato maggiore del partito già impegnato a fare i conti con i molti malumori sfociati in diverse lettere oltre alle voci sempre più insistenti di ulteriori addii. In molti nel Pdl sono pronti a scommettere che un primo «agguato» al Cavaliere possa essere tentato già martedì prossimo quando la Camera dovrà approvare il rendiconto di bilancio, provvedimento che fu bocciato proprio da Montecitorio aprendo di fatto la strada all’ultima crisi della maggioranza. L’ipotesi che circola è che i frondisti possano astenersi per consentire comunque che il testo venga approvato evidenziando però che il governo non è più in grado di garantire l’autosufficienza. Ecco perché c’è chi nel Popolo della Libertà ipotizza come extrema ratio quella di far mancare in numero legale in modo da rinviare di una settimana il voto sul testo.
PARTI ROVESCIATE – Il lavorìo centrista però non si ferma: sarebbero altri quattro o cinque i deputati del Pdl pronti a lasciare il partito di Berlusconi e a togliergli la fiducia. Sui nomi a via dei Due Macelli vogliono mantenere il massimo riserbo per sottrarre gli indecisi da un Denis Verdini, coordinatore del Pdl, che viene definito scatenato nel provare a recuperare gli scontenti. Una sua telefonata raccontano sia arrivata a uno dei possibili transfughi proprio durante il colloquio con Casini. Qualche nome comunque circola per altre strade: si parla di Giancarlo Mazzuca, l’ex direttore del Resto del Carlino, anche se in serata la sua uscita dalla maggioranza veniva data al 50%. È passato circa un anno dunque da quando il Pdl scatenava l’offensiva contro l’Udc per recuperare voti e raddrizzare alla Camera un centrodestra che, con l’uscita di Gianfranco Fini, non aveva più la maggioranza: il partito di Pier Ferdinando Casini perse una pattuglia di cinque deputati, Saverio Romano in testa, che, il fatidico 14 dicembre, il giorno della mozione di sfiducia, votarono per salvare Silvio Berlusconi. Oggi le parti si sono rovesciate. È il leader del partito di via dei Due Macelli a condurre l’operazione che dovrebbe portare alla formazione «di una nuova compagine di governo su basi parlamentari più ampie e non ristrette ad un solo schieramento». Un «impegno dell’opposizione», secondo Casini, certificato dal comunicato diffuso dal capo dello Stato, Giorgio Napolitano, al termine della due giorni di «consultazioni».
Redazione Online