LA MAXI-OPERAZIONE. Ventuno ordinanze di custodia cautelare eseguite dai militari all’interno del clan guidato da Passalacqua
PALERMO – Una vasta operazione antimafia, condotta dai dei carabinieri di Palermo, è stata effettuata all’alba di stamane. I militari hanno eseguito 21 ordinanze di custodia cautelare nei confronti di presunti capi e gregari della cosca di Carini, comune nell’hinterland occidentale del capoluogo. Le indagini riguardano la famiglia mafiosa guidata dall’anziano «padrino» Calogero Passalacqua, 80 anni, al vertice della cosca sin dagli anni ’70. Gli interessi criminali riguardavano il controllo diretto delle aziende impegnate nelle opere di movimento terra, l’imposizione di operai presso le ditte nonchè il traffico di stupefacenti. Nel corso delle indagini, inoltre, i carabinieri hanno registrato il conflitto con una famiglia rivale, accertando le responsabilità di una serie di attentati intimidatori e ponendo fine ad uno scontro che rischiava di aprire una nuova guerra di mafia nel palermitano.
TUTTI GLI ARRESTATI – Gli arrestati nell’operazione antimafia, oltre all’anziano padrino Calogero Passalacqua, sono la figlia Margherita, di 38; il genero Salvatore Sgroi, 47; il cugino di quest’ultimo, Pietro Sgroi, 51; Gianfranco Grigoli, 38; Giacomo Lo Duca, 58; Croce Frisella, 46; Vito Failla, 45; Giuseppe Evola, 66, cugino acquisito di Passalacqua; Croce Maiorana, 27; Antonino Buffa, 35, nato a New York; Giuseppe Pecoraro, 44; Giuseppe Barone, 55; Matteo Evola, 65; Vito Caruso, 54; consuocero di Passalacqua, Giuseppe Caruso, 35, figlio di Vito; Grazia Caruso, 55, moglie di Vito; Salvatore Rugnetta, 37; Ettore Zarcone, 40; Rosaria Grippi, 42, moglie di Giuseppe Caruso; Fahd Ayari, 24, tunisino.
IL BOSS ERA AI DOMICILIARI – Dalla sua casa-fortino, nel centro del paese, l’anziano padrino, Calogero Passalacqua, dettava gli ordiniper comandare a Carini e dintorni. Passalacqua, tornato in Sicilia nel 2007, dopo un decennio trascorso in carcere per reati di mafia, si sarebbe messo alla testa di un esercito di uomini fidati. Era agli arresti domiciliari per motivi di salute. Le ordinanze di custodia cautelare in carcere sono firmate dal procuratore aggiunto della Dda, Antonio Ingroia, e dai sostituti Laura Vaccaro, Marcello Viola, Francesco Del Bene. Le indagini sono state condotte dai carabinieri del reparto territoriale guidati dal colonnello Giuseppe De Riggi, e dai colleghi della compagnia di Carini. Passalacqua, soprannominato «Battista i santa», alleato dei corleonesi, ha voluto accanto a sè coloro che ne avevano coperto l’ultima parte della latitanza e che con lui erano stati arrestati in Toscana. Con il suo arrivo la cosca ha voltato pagina. Niente pizzo ai piccoli commercianti, già vessati dalla crisi. Ci si concentra così sui grossi cantieri, privati e pubblici. La base operativa della famiglia mafiosa era la pescheria di Vito Caruso, al bivio Foresta di Carini, trasformata in centrale dello spaccio di droga e luogo d’incontri tra i mafiosi. Qui le donne dei carcerati si rifornivano di pesce. Senza pagare, naturalmente. Tra i più assidui frequentatori della pescheria c’era Giuseppe Evola. Seguendo lui, i carabinieri sono arrivati fino al padrino. L’abitazione di Calogero Passalacqua è stata riempita di telecamere. Più che una casa era un fortino, all’incrocio tra via Manganelli e via Cangialosi, nel cuore del paese.
LE DONNE DI COSA NOSTRA – «Da Carini arriva la conferma che i gruppi egemoni di Cosa nostra sono sopravvissuti alle indagini. Ci siamo trovati di fronte tutti gli aspetti del tradizionale controllo del territorio da parte della mafia. A cominciare dall’ingerenza nel tessuto economico».Il procuratore di Palermo, Francesco Messineo, commenta così la maxi-operazione. Sulle coperture di cui godeva nel territorio il clan Passalacqua interviene il procuratore aggiunto Antonio Ingroia: «Diciamo che Cosa nostra a Carini era un pesce che nuotava in un oceano tranquillo. C’è molta più sensibilità da parte dei cittadini rispetto al passato, ma la mafia gode ancora di soldi appoggi nella società». Dalle indagini è emerso il ruolo attivo di Margherita Passalacqua, la figlia del padrino, a conferma, aggiunge Ingroia, che «da tempo è venuto meno l’aspetto maschilista di Cosa nostra. In passato le donne venivano utilizzate al posto degli uomini solo in caso di emergenza. Emergenza che non è stata riscontrata in queste indagini. Le donne contribuivano in maniera attiva alle esigenze del clan». Ingroia fa anche un riferimento esplicito al contributo delle intercettazioni: «Sono stati decisive. Spero che la legislazione rimanga quella che è per consentirci di continuare a fare questo tipo di operazioni». La capacità di rinnovarsi da parte di Cosa nostra viene sottolineata anche dal generale Teo Luzi, comandante provinciale dei carabinieri: «A Carini agivano due generazioni di mafiosi. L’ottantenne Passalacqua e i giovani trentenni. A dimostrazione della capacità della mafia di replicare criteri tradizionali mai abbandonati».
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