IL DECRETO ANTI-CRISI. Famiglie, contribuenti, imprese: dentro le novità del decreto Grilli: l’acconto di dicembre per gli immobili potrebbe slittare.
LA RIFORMA DELLA PREVIDENZA.Ritiro a 66 anni dal 2018, nel 2050 ci vorranno 46 anni di contributi. Niente aumento per il 76%.
Altra voce di peso nella manovra è il nuovo bollo titoli che frutterà 2,1 miliardi nel 2012 e 3,8 dal 2013, mentre la «tassa-bis» sullo scudo fiscale assicura 2,1 miliardi (e chi non paga perderà l’anonimato). A pesare sulle tasche dei cittadini saranno anche le addizionali regionali Irpef, che l’anno prossimo costeranno 2,2 miliardi. Per non parlare dell’Iva, che potrebbe essere alzata a settembre 2012. Non è detto che l’aumento di due punti delle aliquote del 10 e del 21% scatti, ma in bilancio l’incasso è già previsto: 3,3 miliardi per il 2012. In alternativa c’è il taglio delle detrazioni fiscali: dall’una o dall’altra parte, in ogni caso, dovranno arrivare 13,1 miliardi nel 2013 e 16 nel 2014. Il pacchetto crescita vale poco più di 4 miliardi, di cui 3 assorbiti dagli sgravi Irap. Nel decreto, però, c’è anche il finanziamento di nuove spese, come le missioni di pace all’estero e i fondi per il trasporto locale.
Authority – Vengono snellite negli organi di amministrazione, ridotti in genere a tre membri, ma rafforzate nelle funzioni. L’Antitrust, ad esempio, potrà intervenire anche contro la pubblica amministrazione se un atto viola le leggi sulla concorrenza.
Benzina – La sorpresa forse più amara svelata dal testo definitivo del decreto. Per correggere i conti scatta un aumento delle accise su benzina e gasolio, che saliranno di 8,2 e 11,2 centesimi di euro al litro. Da subito.
Casa – Tra Imu e nuovi moltiplicatori delle rendite catastali, le imposte sugli immobili fanno la parte del leone nel decreto. La tassa sulla prima casa costerà 3,8 miliardi, quella su seconde e terze case comporterà un aggravio di 7,2 miliardi rispetto all’Ici attuale, il cui saldo per il 2011 (atteso entro il 16 dicembre) potrebbe slittare all’anno prossimo, dice il viceministro dell’Economia, Vittorio Grilli. Una boccata d’ossigeno ai consumi natalizi.
Donne – Forse le più penalizzate dalla riforma delle pensioni. Nel privato, dal 2012, dovranno lavorare almeno fino a 62 anni. In compenso, sarà più facile per loro l’ingresso sul mercato del lavoro, grazie all’aumento delle specifiche deduzioni Irap a favore delle imprese.
Ecobonus – Entrato nell’ultimo decreto del governo Berlusconi in forma “leggera”, poi sparito del tutto, l’incentivo fiscale per la riqualificazione energetica delle abitazioni è riemerso nel primo decreto Monti. Lo sgravio fiscale resta del 55% e sarà godibile in dieci anni. Confermato anche il bonus del 36% sulle ristrutturazioni edilizie.
Garanzia – Tutti si augurano che non ce ne sia bisogno, ma il governo mette le mani avanti ed assicura alle banche, in linea con gli accordi europei, la garanzia statale sui finanziamenti ricevuti dalla Banca d’Italia, fino al giugno 2012, per fronteggiare eventuali «gravi crisi di liquidità».
Irap – Uno sgravio fiscale doppio per le imprese, destinato a premiare l’occupazione. Dal 2012, infatti, le aziende potranno dedurre dall’imponibile Ires e Irpef la quota dell’Irap relativa al costo del lavoro. E nello stesso tempo aumentano le deduzioni forfettarie per chi occupa le donne ed i giovani con meno di 35 anni.
Liquidazioni – Dolori acuti per i supermanager a fine carriera, in attesa di buonuscite spesso milionarie. Per loro, la quota del Tfr che supera il milione di euro non sarà più sottoposta a tassazione separata, ma finirà nell’Irpef. E ci si pagherà un’imposta del 43%.
Maxiyacht – La nuova tassa sui ricchi colpirà l’uso di motoscafi e grandi barche, ma anche il possesso di areoplani da turismo e automobili di grossa cilindrata, a partire da 185 kw. Per le barche si pagherà una tassa di stazionamento nei porti, commisurata alla lunghezza dell’imbarcazione.
Pensioni – L’incubo, avveratosi, di parecchie generazioni di italiani. Dal 2012 tutti in pensione con almeno 42 anni e un mese di contributi (41 e un mese per le donne), oppure con un minimo di 66 anni di età, che scendono a 62 per le donne nel privato. Stop anche alla rivalutazione per l’inflazione di tutti gli assegni superiori a 935 euro mensili, anche se il governo, ha detto ieri sera il ministro Elsa Fornero, potrebbe aumentare la soglia.
Regioni – I governatori, a differenza del solito, protestano poco contro la manovra. Non ci sono per loro grandi tagli in vista (anche se Sicilia e Sardegna dovranno fare forti sacrifici, come le altre Regioni a statuto speciale), ed anzi arrivano soldi in più. Il livello massimo delle addizionali Irpef viene elevato dallo 0,9 all’1,24%. Il che significa, per i contribuenti, altri 2,2 miliardi di tasse in più da pagare.
Trasparenza – La nuova battaglia della guerra contro l’evasione parte da lì. Con l’uso della carota, insieme a quello del bastone: chi accetterà i pagamenti tracciabili avrà sconti e semplificazioni fiscali non indifferenti.
Zero – Sono le riforme che non costano nulla al bilancio dello Stato, ma sono anche quelle sulle quali il governo scommette di più per rilanciare la crescita. La liberalizzazione degli orari degli esercizi commerciali, della vendita dei medicinali di fascia “C”, delle professioni e dei loro Ordini, del trasporto locale.
Età di vecchiaia
La lenta equiparazione dell’età pensionabile delle donne con quella degli uomini e poi con i 67 anni per tutti è stata accelerata, e in maniera per niente soft. Dal primo gennaio 2012 l’età sale a 62 anni (uno scalone simile a quello messo in atto dalla riforma Maroni, che però non ha mai visto la luce) e sarà ulteriormente elevata a 63 anni e 6 mesi nel 2014, a 65 anni nel 2016 e a 66 a partire dal 2018. Per le lavoratrici autonome (commercianti, artigiane e coltivatrici dirette), invece, lo scalone del 2012 è di 3 anni e 6 mesi (l’età sale da 60 a 63 anni e mezzo). Soglia che sale ulteriormente a 64 e 6 mesi nel 2014, a 65 e 6 mesi nel 2016, sino a raggiungere i 66 anni dal gennaio del 2018. L’elevazione dell’età ci sarà anche per gli uomini, i quali a partire dal 2012 potranno ottenere la pensione di vecchiaia dopo aver compiuto 66 anni. Per loro in sostanza non cambia nulla, in quanto sino a oggi potevano averla sì a 65 anni, ma comunque dovevano aspettare un ulteriore anno (in pratica i 66) per poterla riscuotere.
Addio anzianità
Da circa 20 anni nell’occhio del ciclone, il pensionamento anticipato con 40 anni, a prescindere dall’età anagrafica, stavolta non è rimasto in piedi. A partire dal 2012 per ottenere la pensione prima dell’età della vecchiaia occorrono 42 anni ed un mese per gli uomini e 41 anni ed 1 mese per le donne, requisiti, anche qui, parametrati alle speranze di vita a partire dal 2013. Tali requisiti sono comunque aumentati di un ulteriore mese per il 2013 e di un ulteriore mese a decorrere dal 2014. Questo, in sostanza, significa che nel 2013, ad esempio, anno in cui si comincia ad elevare tutti i parametri anagrafici sulla base delle cosiddette speranze di vita, il minimo di contributi richiesto per il pensionamento anticipato sarà di 42 anni e 5 mesi per gli uomini e 41 anni e 5 mesi per le donne (42 o 41 anni e due mesi più i tre mesi di aumento per via delle speranze di vita). Ma non è finita qui. Al fine di disincentivare il pensionamento anticipato rispetto a quello di vecchiaia, è stata introdotta una misura di riduzione. Qualora, infatti, si chieda la pensione di anzianità prima dei 62 anni di età, l’assegno verrà corrisposto, per la quota retributiva, con una riduzione pari al 2% per ogni anno di anticipo. Se, ad esempio, si richiede la pensione, dopo aver raggiunto i 42 anni (e rotti), all’età di 60 anni, si riscuoterà, per la quota di pensione calcolata con il sistema retributivo, un assegno decurtato del 4%. Il pensionamento anticipato sarà possibile anche per i giovani, coloro cioè che hanno cominciato a lavorare dopo il 31 dicembre 1995. Per ottenerlo, dovranno aver compiuto 63 anni di età e poter far valere un minimo di 20 anni di contribuzione effettiva. Vi sono inoltre due altre condizioni: bisogna cessare l’attività lavorativa e l’importo del trattamento deve almeno raggiungere un minimo pari a 2,8 volte l’assegno sociale (1.200 euro di oggi). Addio anche alle finestre.
La vita si allunga
La manovra di luglio ha anticipato al 2013 (doveva partire dal 2015) l’adeguamento, che dal 2019 avverrà con cadenza biennale (e non più triennale, come era in origine) in base ai dati forniti dall’Istat. La riforma Monti stabilisce che in assenza dell’incremento dato dalle variazioni demografiche, a partire dal 2021 l’età del pensionamento non può avvenire comunque prima di 67 anni di età.
Chi si salva
Le nuove regole sulle pensioni non si applicano a tutti coloro che hanno raggiunto o raggiungono i requisiti (età e contributi) entro questo mese. Peraltro ben il 76% delle pensioni esistenti saranno interessate dal provvedimento che congela l’indicizzazione per due anni. E le nuove regole sul ritiro si applicano anche alle donne, fino però al 2015, che opteranno per il calcolo interamente contributivo, anche per l’anzianità maturata prima del gennaio 1996, che possono ottenere la pensione di anzianità sulla base di 35 anni di contributi e 57 anni di età (58 anni le lavoratrici autonome); ai lavoratori collocati in mobilità, sulla base di accordi sindacali stipulati prima del 31 ottobre 2011 e che maturano i requisiti per il pensionamento entro il periodo di fruizione della mobilità; ai lavoratori collocati in mobilità lunga; ai lavoratori che al 31 ottobre 2011 sono titolari di prestazione straordinaria a carico dei fondi di solidarietà di settore (esuberi bancari, assicurativi, ecc.); lavoratori che, antecedentemente alla data del 31 ottobre 2011, siano stati autorizzati alla prosecuzione volontaria.
Contributivo per tutti
Il passaggio al contributivo per tutti sarà pro-rata. E cioè riguarderà la sola contribuzione versata dopo il 31 dicembre 2011. Nel decreto una clausola di salvaguardia precisa che l’importo del trattamento calcolato con il pro-rata non può comunque superare quello che sarebbe scaturito dal calcolo tutto retributivo.