Le presidenziali – festa sotto le mura del cremlino. Vittoria dell’ex uomo del Kgb con oltre il 60% dei voti. Ma l’ondata di proteste è destinata a non interrompersi. Decisione di medvedev prima del passaggio di consegne. Una possibile svolta nel caso del proprietario della compagnia petrolifera Yukos arrestato dal 2003. Lo spoglio delle elezioni presidenziali visto dal quartier generale di Alexei Navalny. Dove non trapela alcuna delusione per la vittoria dell’attuale premier, largamente attesa. E si studiano i prossimi passi della mobilitazione contro i presunti brogli
MOSCA – Vladimir Putin vince le presidenziali in Russia al primo turno, senza bisogno di ballottaggio. Con circa il 50% delle schede scrutinate, l’ex agente del Kgb ottiene il 64,3% dei consensi. Lo rende noto la Commissione elettorale centrale. Il candidato comunista Ghennadi Ziuganov arriva secondo, con il 17,1%. Terzo posto per il miliardario Mikhail Prokhorov al 6,9%, davanti al populista Vladimir Zhirinovski (6,7%).
Putin cala comunque rispetto al 2004, quando aveva conquistato il 71,3% dei voti. È stata «una battaglia aperta ed onesta» ha detto il premier uscente al fianco dell’attuale inquilino del Cremlino, Dmitrij Medvedev. Al Maneggio a Mosca, davanti alle migliaia di fan che lo attendevano per festeggiare la sua vittoria alle presidenziali, Putin è apparso in lacrime. «Vi avevo promesso che avremmo vinto – ha detto – e abbiamo vinto in una competizione aperta e onesta. Il nostro popolo ha saputo distinguere il desiderio di rinnovamento dalle provocazioni politiche finalizzate a distruggere il Paese. Gloria alla Russia».
IL VOTO – La Russia è andata alle urne in città presidiate da migliaia di agenti. Tutti sapevano chi sarebbe stato l’eletto: Vladimir Vladimirovich Putin, che già aveva occupato la poltrona più importante del Paese dal 2000 al 2008 e che poi l’aveva passata al suo collaboratore Dmitrij Medvedev dato che in base alla legge russa non poteva occuparla per tre mandati consecutivi. Ma il «ritorno» di VV o la «staffetta», come viene chiamata qui (perché Medvedev dovrebbe andare ora ad occupare il posto di primo ministro che Putin lascia libero) non piace a molti. E gli scontenti, gli indignati sono pronti a scendere in piazza per protestare.
INDIGNATI – E tutto questo nonostante Putin abbia deciso di fare di queste elezioni le più trasparenti della storia russa. Due webcam in quasi tutti i 96 mila seggi del paese, con una spesa pazzesca: quasi 400 milioni di euro. E mezzo milione di osservatori di tutti i partiti e di varie organizzazioni non governative. In vista di possibili disordini, la polizia ha presidiato tutti i luoghi dove avrebbero potuto assembrarsi gli indignati.
RADUNI – Naturalmente nelle grandi città, perché altrove, nella Russia profonda, Putin non ha corso alcun rischio. Lì è amato e stimato come il leader che ha riportato la tranquillità e il benessere. Così a Mosca decine di camion hanno bloccato l’accesso alla piazza del Maneggio, a quella della Rivoluzione, alla Pushkinskaya e alla Triumfalnaya. E gli agenti si sono piazzati davanti alle uscite della metropolitana pronti a intercettare eventuali partecipanti a manifestazioni non autorizzate. Lunedì sera è previsto un raduno ufficiale degli oppositori sulla Pushkinskaya. Domenica sera invece i putiniani festeggiano.

MOSCA – La notizia è arrivata a sorpresa a poche ore dalla manifestazione che gli oppositori terranno nella capitale russa per protestare contro i risultati delle elezioni di domenica. Dmitrij Medvedev, il presidente uscente, ha ordinato alla procura di verificare la fondatezza di numerosi casi giudiziari, compreso quello del più noto prigioniero di coscienza europeo, il magnate Mikhail Khodorkovskij (nella foto a sinistra).
NUOVA STAGIONE – Non è ancora la scarcerazione, e la “revisione” potrebbe anche concludersi con un nulla di fatto, ma certamente è un elemento importante sul quale il Cremlino punta per disinnescare almeno in parte la protesta degli indignati russi. Il primo atto di quella che potrebbe diventare una nuova stagione del governo del “tandem” russo composto da Medvedev e dal neo eletto presidente Vladimir Putin. Una stagione di riforme vere e di allentamento dei controlli sulla società russa. Già nelle ultime settimane erano stati avviati altri passi, come la diminuzione del numero delle firme necessarie per registrare i candidati alle elezioni presidenziali o il ritorno alle elezioni dei governatori regionali (oggi sono scelti dal Cremlino).
L’ARRESTO – Khodorkovskij era l’uomo più ricco della Russia quando ruppe con Putin all’indomani dell’arrivo di VV per la prima volta al Cremlino nel Duemila. Il proprietario della compagnia petrolifera Yukos venne arrestato nel 2003, accusato di evasione fiscale e riciclaggio. Ha subito due condanne per un totale di 13 anni. La compagnia petrolifera è stata confiscata e rivenduta a pezzi. Assieme al caso Khodorkovskij saranno riesaminati anche quelli del suo socio Platon Lebedev e di altri 30 prigionieri nelle carceri russe.
MOSCA – Si passa davanti a piazza del Maneggio, nel centro di Mosca, transennata e pronta alla manifestazione dei Nashi, il movimento giovanile pro Putin che si è radunato per festeggiare i risultati del voto. Si imbocca la prospettiva del Teatro, poi si svolta in un cortile ghiacciato all’altezza del numero tre: qui, da una porticina di legno nascosta dietro le automobili parcheggiate, si entra nel quartier generale di Alexei Navalny. Il blogger più temuto di Russia, il leader del movimento di opposizione al premier Vladimir Putin. 35 anni, avvocato, Navalny è diventato il volto dell’opposizione da strada, quella che da dicembre scende in piazza per protestare contro i brogli elettorali e per chiedere un governo più trasparente e democratico. Nel suo blog, seguitissimo, in cui racconta i legami fra le grandi aziende russe e il governo. Senza paura né reticenze, e infatti, per la sua azione politica, a dicembre è stato condannato a 15 giorni di prigione.
Il controllo, nel suo quartier generale, è ferreo. Ai piedi dello scalone (mura colorate, graffiti e poster ovunque) ci sono alcuni uomini della sicurezza e l’entrata dei giornalisti è rigorosamente controllata da due ragazze che si coordinano con il cellulare. Una volta saliti nel bar Masterskaya (il “cuore” del posto: sulle guide di Mosca è descritto come uno dei caffè artistici alternativi della capitale, con i suoi tavoli di legno, le sedie spaiate e i muri dipinti come fosse un teatro del 1800) l’atmosfera è un po’ da caffè bohemien, un po’ da press center elettorale. Computer su ogni tavolo, chiacchiere e caffè. Tra i tavoli appare anche Xenia Sobchak, la Paris Hilton russa che è scesa in campo contro Putin. Nel corso del lungo pomeriggio elettorale, ogni tanto arriva lui, Navalny: apparizioni ben dosate, nel teatro dietro il locale. Ascolta, seduto in prima fila, gli interventi altrui. Parlerà solo alla chiusura dei seggi. Un po’ come una star, ma a vederlo non si direbbe: maglietta azzurra a maniche corte con colletto bianco, jeans. Il volto dell’opposizione, in Russia, è il suo. Anche se gli avversari “ufficiali” di Putin e della sua Russia Unita sono altri: Gennady Zjuganov, leader dei comunisti (17,7%), l’oligarca Mikhail Prokhorov (9,2%), il nazionalista Ldpr Vladimir Zhirinovski (8,5%), Sergei Mironov di Russia Giusta (4,8%).
Che Putin avrebbe vinto di nuovo, per la terza volta, lo si sapeva da tempo. Sul risultato non c’era alcun dubbio, sulle modalità del voto nemmeno: gli osservatori delle quattro associazioni che monitorano i seggi del Paese (a partire da Golos, che ha creato una mappa online e nella sua sede moscovita si connette ogni due ore via Skype con i coordinatori delle principali regioni russe) hanno già denunciato brogli più o meno ovunque.
Su questo si concentra il suo discorso finale: “E’ irrefutabile che i brogli abbiano influenzato significativamente il risultato del voto”. Come a dicembre, quando le elezioni per il rinnovo della Duma, il parlamento russo, erano state fortemente criticate proprio per le irregolarità elettorali. E proprio come a dicembre, all’indomani del voto i russi sono pronti a tornare in piazza: l’appuntamento è per le 19 di lunedì 5 marzo in piazza Pushkin. Il meeting è stato autorizzato per un massimo di 30mila persone, ma Navalny lo ha detto e ripetuto durante gli interventi di domenica: “Chi vuole farlo dovrebbe scendere in strada, abbiamo il diritto di riunirci per manifestare ed è dovere di ogni cittadino andare in piazza ed esprimere la sua insoddisfazione per quello che è successo”. Non c’è delusione, non c’è rabbia: la vittoria di Putin era attesa e praticamente sicura. Ma per l’opposizione la vera sfida inizia adesso: la mobilitazione per la manifestazione di lunedì è già iniziata. Così ha concluso il suo discorso anche Navalny: “Ci vediamo in piazza”.