IL GIALLO. Pier Paolo Zaccai aveva annunciato alla sorella l’intenzione di togliersi la vita: la donna ha avvisato il 113. Nel 2010 era stato coinvolto in festino con trans e cocaina
ROMA – La notizia arriva a metà mattinata: il consigliere provinciale Pier Paolo Zaccai (nella foto a sinistra) del Gruppo Misto ha minacciato di suicidarsi a Palazzo Valentini, sede della Provincia di Roma intorno alle 10 di martedì. Suicidio sventato dai carabinieri che sarebbero s tati avvertiti dalla sorella dell’uomo, già noto alle cronache nel luglio 2010 per aver partecipato a un festino a base di cocaina e sesso assieme ad alcune trans. Nel pomeriggio arriva la smentita del diretto interessato. «Mai avuto idee suicide, né di autolesionismo. Questa mattina sono stato fermato a palazzo Valentini, dove lavoro, dai carabinieri che mi hanno invitato in caserma per la notifica di una denuncia in seguito a una lite familiare».
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La finestra da cui si era affacciato Zaccai dopo il festino con i trans (Eidon) |
LITE CON LA MADRE – Secondo quanto si è appreso, Zaccai avrebbe iniziato a minacciare gesti estremi già nella serata di lunedì 12 marzo. Probabilmente in seguito a una lite con la madre, Zaccai ha rotto alcune finestre di casa ferendosi a una mano. In seguito avrebbe rivelato alla sorella l’idea di togliersi la vita con un gesto plateale a Palazzo Valentini. La sorella ha avvisato i carabinieri della stazione di Ostia antica. Appena arrivato nella sede della Provincia, ancora sporco di sangue, Zaccai è stato bloccato dai militari e accompagnato nella stazione dei carabinieri di piazza Venezia.
LA VERSIONE DI ZACCAI – Versione opposta quella di Pier Paolo Zaccai che insiste a parlare di «grosso equivoco». Conferma solo la visita dei Carabinieri che lo hanno atteso a Palazzo Valentini. «Mi hanno invitato in caserma solo per notificarmi un atto». Tutta una grande «bufala», sostiene lui, nata probabilmente «da una serie di tragici malintesi» che hanno fatto credere all’ipotesi suicidio. «Ma quale suicidio, ieri sera sono tornato a casa da mia madre, con la quale vivo perchè da dieci giorni sono separato da mia moglie. Una separazione consensuale, tengo a precisare, come ce ne sono tante. Mia madre ieri mi ha chiuso la porta di casa e quindi ho provato ad entrare da una finestra, ed è li che mi sono tagliato alla mano. Poi sono andato a dormire in albergo e questa mattina, come sempre, sono venuto al lavoro. Una normale lite familiare come tante. Sono davvero senza parole per quello che è venuto fuori». Ma la telefonata della sorella di Zaccai che avrebbe detto ai Carabinieri della volontà del fratello di uccidersi? «Ma quale telefonata… Mentre ero in caserma con i Carabinieri abbiamo scherzato su quanto stava uscendo dai media, abbiamo sorriso sull’equivoco. Io sto bene- conclude Zaccai- è arrivata anche la psichiatra che ha certificato la mia sanità mentale».
GESTO PLATEALE – Di certo Zaccai non ha superato il forte stress provocato dalla vicenda del 7 luglio di due anni fa, il festino con trans e cocaina in cui era rimasto coinvolto e per il quale era stato rinviato a giudizio lo scorso 20 maggio, nonché sospeso dal suo partito (è poi passato al gruppo misto). All’epoca, dopo essersi affacciato alla finestra di una casa in cui si trovava ad una festa, aveva denunciato di essere rimasto vittima di un complotto. Poi Zaccai, ringraziando il presidente della Provincia Zingaretti per averlo indirettamente difeso, aveva polemizzato con il suo partito, il Pdl, «neppure un cenno di solidarietà, una chiamata, niente».
IL RACCONTO DELLA NOTTE – Zaccai conduce da due anni una battaglia a colpi di carte bollate per ricostruire quanto accadde la sera del 7 luglio 2010: «So benissimo – spiega – che per essere credibile servono i documenti». Per questo ha chiesto l’incidente probatorio, ribadendo che «soltanto dalle dichiarazioni di alcuni cittadini extracomunitari, si può evincere quanto è accaduto la sera del 1/7/2010».