Sessantatre ordinanze di custodie cautelari nel cosentino: sequestrati 15mln di euro. Nell’inchiesta sono indagate 250 persone. I provvedimenti in Calabria, nel Lazio, in Lombardia e in Veneto
COSENZA – Le cosche della ’ndrangheta del cosentino sono riuscite a infiltrarsi nella gestione degli appalti pubblici, soprattutto nella zona tirrenica. È quanto emerso dalle indagini condotte dai carabinieri di Cosenza e del Ros che venerdì mattina hanno portato all’operazione «Tela del ragno» per l’esecuzione di 63 ordinanze di custodia cautelare in carcere. Nell’operazione sono anche stati sequestrati beni per 15 milioni di euro.
GLI ARRESTATI – Gli arrestati sono accusati di associazione mafiosa, omicidi, tentati omicidi, usura ed estorsione. In particolare sono stati ricostruiti 12 omicidi e tre tentati omicidi. Al centro dell’inchiesta, coordinata dalla Dda di Catanzaro, ci sono le dinamiche criminali di Cosenza e del versante tirrenico della provincia, con la ricostruzione della maggior parte dei fatti di sangue avvenuti negli ultimi 30 anni di guerre di mafia. In particolare sono state colpite le cosche Lanzino-Cicero di Cosenza (subentrata a quella dei Perna-Ruà), Muto di Cetraro, Scofano-Martello-Ditto-La Rosa e Serpa di Paola, Calvano e Carbone di San Lucido, e Gentile-Besaldo di Amantea. Le cosche del capoluogo cosentino avevano deciso di chiudere la guerra di mafia che aveva sparso tanto sangue tra la fine degli anni 70 e l’inizio degli anni 90 e provato a stabilire una pax mafiosa.
NUOVI ASSETTI – Tuttavia alcuni sodali si sono opposti a questo disegno e la tregua è durata poco. Secondo quanto ricostruito dagli investigatori dell’Arma e della Direzione distrettuale antimafia impegnati nell’indagine «Tela di ragno», le cosche di Cosenza che fanno capo ai Perna, Cicero, Lanzino, Ruà, avevano disegnato l’assetto del territorio e stabilito chi comandava sulla costa tirrenica cosentina, indicando espressamente le cosche di riferimento. Era stato inoltre individuato un capo locale unico e i proventi delle attività illecite confluivano in una «bacinella» comune. Nell’inchiesta sono indagate, complessivamente, 250 persone. Gli arresti sono in esecuzione, oltre che in Calabria, anche nel Lazio, in Lombardia ed in Veneto. All’operazione partecipano 500 militari, oltre ad elicotteri ed unità cinofile.