La donna nelle intercettazioni parla dei conti del partito con Francesco Belsito. Le rivelazioni della segretaria amministrativa del Carroccio, Nadia Dagrada, interrogata dai pm di Milano e Napoli. Le intercettazioni. Nella cassaforte del tesoriere spunta un fascicolo intestato «The Family»: «Renzo neanche il caffé in Regione si paga…». I retroscena di un addio. Lo strazio di Bossi: ai ragazzi dovevo preferire la Lega. Auto in leasing e «normali affitti» per le case: così il leader spiegava quella vita sopra le righe. IL GIORNO DOPO LE DIMISSIONI. Il Senatur: «Ricandidarmi? Non ho ancora deciso». Bossi: «Tutto organizzato da Roma ladrona, l’Italia non riuscirà mai a essere democratica»
MILANO – Nelle casse della Lega Nord sono entrati anche soldi «in nero». Lo ha detto la segretaria amministrativa del Carroccio, Nadia Dagrada, ai pm di Milano e di Napoli, che l’hanno interrogata come testimone il 3 aprile. La donna ha così confermato ai magistrati quanto era emerso da alcune intercettazioni. In alcune telefonate Dagrada e il tesoriere Francesco Belsito hanno parlato apertamente dei soldi che sarebbero stati elargiti ai famigliari di Umberto Bossi e ad alcuni esponenti di punta del partito. I contenuti di quei colloqui sono stati di fatto confermati nel corso dell’interrogatorio. «Mi si chiede se siano entrati nelle casse della Lega Nord soldi in contante “in nero”. Sì – ha detto la donna ai pm -, mi ricordo che, alcuni anni fa, l’ex amministratore della Lega Nord, Balocchi, portò in cassa 20 milioni di lire in contante dopo essersi recato nell’ufficio di Bossi».
IL COLLOQUIO REGISTRATO – Rispondendo ai pm, Nadia Dagrada ha anche affermato di aver appreso dall’ex tesoriere, Francesco Belsito, che questi aveva registrato un colloquio con Umberto Bossi nel quale gli aveva ricordato tutte le spese sostenute nell’interesse personale della famiglia del Senatur con i soldi del finanziamento pubblico. «Non so – ha dichiarato Dagrada – se Belsito abbia effettuato tale registrazione. Mi disse di voler utilizzare tale registrazione come strumento di pressione dal momento che volevano farlo fuori».
LA MALATTIA DI BOSSI – «La situazione è precipitata dopo la malattia del segretario federale Umberto Bossi» ha detto ancora Nadia Dagrada ai pm. «Dopo il 2003 – ha spiegato – c’è stato l’inizio della fine: si è cominciato con il primo errore, consistito nel fare un contratto di consulenza a Bruxelles a Riccardo Bossi, se non ricordo male da parte dell’onorevole Speroni. Dopodichè si sono cominciate a pagare, sempre con i soldi provenienti dal finanziamento pubblico, una serie di spese personali a vantaggio di Riccardo Bossi e degli altri familiari. In particolare, con i soldi della Lega venivano pagati i conti personali di Riccardo Bossi, per migliaia di euro, e degli altri familiari, come per esempio i conti dei medici sia per le cure dell’onorevole Bossi sia dei suoi figli. A tal riguardo mi risulta che Belsito paghi con i soldi della Lega tali conti».
LE RATE PER LE LAUREE – Con i soldi della Lega Nord, ha poi spiegato Dagrada, sono state pagate pure le rate scolastiche e per il conseguimento della laurea per Renzo Bossi, per Rosy Mauro vicepresidente del Senato e per il suo compagno. «Belsito mi ha riferito che sono stati dati soldi in contanti a Pier Moscagiuro, compagno di Rosy Mauro, affinchè pagasse le rate per le spese della scuola privata per conseguire il diploma, la laurea, credo ottenuti entrambi in Svizzera. Inoltre Belsito mi ha detto anche di aver pagato le rate per il diploma e poi la laurea della stessa Rosy Mauro pagando con i soldi della Lega. Per quanto riferitomi da Belsito – i titoli di studio sono costati circa 120 mila euro prelevati dalle casse della Lega -. Inoltre anche Renzo Bossi dal 2010 sta prendendo una laurea all’Università privata di Londra. E chiaramente le spese sono tutte a carico della Lega, anche qui credo che il costo sia sui 130mila euro».
Le prime conferme al fiume di parole intercettate nel gennaio e febbraio scorsi tra il tesoriere leghista Francesco Belsito e la responsabile contabile Nadia Dagrada arrivano dall’interrogatorio della testimone e dal contenuto della cassaforte dell’indagato sequestrata dalla Guardia di Finanza milanese: compreso un fascicoletto intestato «The Family», spese sanitarie e scolastiche, multe pagate, l’assicurazione per la casa di Gemonio, un carnet di assegni con sopra la scritta «Umberto Bossi», 20.000 euro di spese per il tutor del figlio Renzo. E così, dopo il via libera della Camera ai pm milanesi del secondo dipartimento Robledo-Pellicano-Filippini, prende corpo quella che i carabinieri del Noe, nel rapporto per i pm napoletani Woodcock-Piscitelli-Curcio, definiscono «la serie di confessioni reciproche» di Belsito e Dagrada nei giorni in cui il tesoriere temeva di essere allontanato dopo i primi scoop sugli investimenti di 7 milioni di rimborsi elettorali in Tanzania: confidenze che «elencano i benefit che da tempo, e tutt’ora, vengono elargiti dalla cassa del partito a favore di interessi privati di Bossi e dei suoi familiari, di Rosy Mauro e di altri soggetti del partito e non». In più i militari valorizzano anche un riferimento della donna al «”nero” che Bossi dava tempo fa al partito», e che ritengono di interpretare come «contante» che «sottende» una «area dell’illecito su cui si sviluppano tematiche corruttive».
«Tutte cose per la famiglia»
Nadia : «Lui (Bossi, ndr ) non ha idea del cumulo di spese, fidati, tu gli devi far capire che se questi vanno a vedere quelle che sono le spese, lui e la sua famiglia sono finiti. E poiché si tratta di cose della famiglia, non sono cose che compri tu, perché sono tutte per loro, perché le auto sono per loro, i ragazzi sono per loro, il figlio le spese sono loro, il diploma è loro, i lavori di casa sono loro».
«Sai quanto ho dato a Rosy Mauro?»
Traspare l’irritazione per la vicepresidente del Senato, segretaria del sindacato padano Sinpa e protagonista del “cerchio magico” bossiano, che a loro avviso non avrebbe titolo per fare la morale.
Belsito : «Eh lo so io… Quello che non capisco di lei, che fa ancora la spiritosa».
Nadia : «È convinta non parlerai mai…».
Belsito : «Sai quanto gli ho fatto l’altro giorno alla nera? (soprannome di Rosy secondo i militari, ndr) Quasi 29.000, 29.142 in franchi, eh…Vuoi che ti dica tutti gli altri di prima?».
Nadia : «(…) Perché non porta i conti del Sinpa? Voglio vedere cosa succede».
Belsito : «Per me gli viene un infarto».
Nadia : «Ah beh per forza, non sono usati per il sindacato, quindi…».
Belsito sarcastico: «C’avevamo quei 7.000 iscritti, no?».
Nadia : «Secondo me saranno…».
Belsito: «…pochi».
Il tesoriere si rammarica di non aver tenuto prova delle dazioni di contanti «alla signora», che per i carabinieri è la vice del Senato.
Dimissioni Bossi, i momenti salienti della sua parabola politica Belsito: «Stavo pensando, i soldi cash che gli ho dato li ho scritti da qualche parte, però quelli come faccio a dimostrare che li ho dati? Non è molto, eh…».
Nadia : «Ma parli della signora?».
«Sì. Eh mi sono fregato io, molte cose son cose riconducibili ma molte cose come faccio a dire che ho pagato?».
Nadia : «Tu non mi ascolti mai, gli assegni devono essere intestati alle fatture da pagare, non con prelievi cash! (…) E l’acquisto, quando hai fatto l’assegno a lei per l’auto e sul certificato di proprietà è scritto “ceduta a zero”, era un assegno a lei personale?».
Belsito : «Sì, sì».
Nadia : «Ma di quello c’è copia?».
Belsito : «Eh, quello non ricordo».
L’«operazione urgente» per Rosy
Pochi giorni prima, il 22 gennaio quando è già scoppiato lo scandalo della Tanzania, Belsito al telefono proprio con la vicepresidente del Senato appare però molto più remissivo, e anzi si premura di esaudirne una richiesta a voce e urgente.
Mauro : «Comunque France’, se adesso puoi, ricordati di fare quella cosa che ti ho detto l’altro giorno a voce».
Belsito : «Sì sì, sì sì, certo».
Mauro : «Succinta, così da fare in questo momento, perché dopo non potrai più, perché se no addio».
Belsito : «La faccio adesso diversamente».
Mauro : «Purtroppo è urgente, eh… perché bisogna organizzare tante cose».Belsito : «Sì sì, tranquilla».
E l’8 febbraio, riassumono i carabinieri, il tesoriere comunica a Rosy Mauro che le ha fatto l’operazione «dalla filiale della Camera dei deputati del Banco di Napoli dove la Lega ha un conto, perché con la Banca Aletti a Genova (quella utilizzata per l’operazione Tanzania) era pericoloso. Mauro si mostra un po’ perplessa, dicendo che forse non era il momento di farla».
Belsito : «Vedi che io non mollo mai».
Mauro : «E secondo te quando si conclude tutto, col rientro (degli investimenti dalla Tanzania, ndr ) e tutto?».
Belsito : «Secondo me martedì».
Mauro : «Meno male».
Belsito : «L’operazione, quella tua, l’ho fatta dal Napoli eh…» (Banco di Napoli).
Mauro : «Uhm».
Belsito : «…perché quello lì non viene neanche visto».
Mauro : «Ma non era meglio se lasciavi perdere, visto il momento, prima che dopo…?».
Belsito : «No, ma lì non vanno a vedere su Napoli, figurati. Tutta la malattia ce l’hanno sull’Aletti, cosa pensano di trovare non so».
A Gemonio, il paese di Bossi: «Vergogna» Le richieste e le somme
I carabinieri ascoltano inoltre Belsito e Dagrada discutere di «altre somme che avrebbe preso “Cald” (diminutivo di Calderoli) e che il tesoriere non sa come giustificare, mentre la segretaria sul punto dice che in un anno si riesce a giustificare quelle somme»: il discorso emerge quando il tesoriere rievoca una richiesta per la scuola della moglie di Bossi.
Belsito : «La richiesta ricordo benissimo era uno (1 milione di euro, ndr)… Gli ho detto “no, 1 non ce la faccio adesso, dovete darmi almeno tre anni”… E invece quelli di Cald, come faccio? Come li giustifico quelli?».
Nadia : «Ma quello non è un grosso problema! Nell’arco dell’anno non è un problema quello, è un problema tutto il resto!».
«Capo, noi manteniamo i tuoi figli»
Belsito e Dagrada indugiano sulle spese per i figli del senatur, a cominciare da Renzo.
Nadia : «Quella cifra che tu gli hai dato era la cifra dei titoli di studio, ma c’è tutto il restante, e se ci mettono le mani i Castelli e Stiffoni di turno, tu non puoi garantire che le cose restino segrete». Si passa a un altro punto.
Belsito : «E’ possibile avere l’elenco degli scontrini? Renzo (dice, ndr ) “voglio confrontarmi con il mio calendario per vedere se era vero che erano con me”» (la scorta).
Nadia : «Giuro che non ho parole».
Belsito : «Ma io non posso reggere così, dai, questi sono una gabbia di pazzi. Questo (Renzo, ndr ) ha paura che (quelli della scorta, ndr) erano in albergo per cavoli loro».
Nadia : «Ma sono lì segnati, c’è tutta benzina, ristoranti, è quasi tutta benzina».
Belsito : «A me (Renzo, ndr) ha detto che paga di tasca sua, ti giuro».
Nadia : «Ma che non dica cavolate, neanche il caffè in Regione, non paga neanche il caffè» (Renzo è consigliere regionale lombardo, ndr).
«Renzo portò via le carte da via Bellerio»
I carabinieri accennano forse a un problema di ristrutturazioni in base a questo passaggio.
Nadia : «Per la storia della casa (…) Renzo e la fidanzata sono venuti a prendere tutti i faldoni da via Bellerio (sede della Lega a Milano, ndr) e li hanno portati tutti via».
Negozi, dentista, bollette
E la leghista Goisis ipotizza la scissione La contabile è ricca di richiami a «fatture del dentista di Sirio», altro figlio di Bossi, e alle «bollette del telefono di Renzo».
Belsito : «Riccardo (il primogenito, ndr) mi dà 250.000».
Nadia : «Eh no ragazzo, molti di più, molti di più, tu non hai i vecchi che ho io».
Belsito : «No no, io parlo di quello che ho fatto io, ho fatto solo 2010 e 2011».
Nadia : «Eh…126 uno…».
Belsito : «American Express era, giusto?».
Nadia : «No no, è nei soliti negozi…e poi ce ne sono anche altri ma quelli ce li ho tutti».
Belsito : «Ma cosa gli posso dire?» (a Bossi).
Nadia : «(…) Digli “capo, io ti rammento solo una cosa, che in questi anni io ho dovuto tirare fuori su vostra richiesta, per tua moglie, per Riccardo, per Renzo, delle cifre che se qualcuno va a metterci mano…lui è nei guai”. O tuo figlio lo mandavano in galera o c’era da pagare».
Belsito : «Ah, Riccardo (…) Le macchine che ha affittato Riccardo, le Porsche, le cose…».
Nadia : «Esatto. Ma ti diranno “chi ti ha detto di farlo?”».
Belsito : «Lui, eh».
Nadia : «Ho capito, ma ci devono essere le fatture dell’avvocato di Riccardo, tutti i pagamenti!».
I carabinieri aggiungono che «Belsito dice che lui sa quali sono i negozi dove sono stati spesi, ma non ha fatture, ha solo i decreti ingiuntivi c0n il timbro dell’avvocato, e ha pagato in contanti perché così gli è stato ordinato, aggiungendo che non le ha pagate tramite bonifico bancario perché Riccardo non fa parte del partito». E Nadia: «Gli affitti glieli paghiamo tutti cash!».
Le elezioni del fanciullo e del trota
Nadia : «Hai le carte di quanto hai pagato?».
Belsito : «Soldi della campagna elettorale del fanciullo e del trota? E no, perché gli davo a lui alla Rizzi e a lei…portavo cash!» (Monica Rizzi è assessore regionale lombarda). E lo stesso per «la casa presa là da Brescia, pagato cash…mi sembra 10.000 euro, 6.000 euro…eh tesoro mio ma come faccio a trovare della Monica Rizzi i giustificativi!».
La moglie e Pontidafin
Gli aiuti alla scuola privata paritaria Bosina di ispirazione padana fondata a Varese da Manuela Marrone, evocano guai.
Nadia : «Digli (a Bossi, ndr): “Poi tua moglie cosa faccio, gli dico di no? Tu mi dicevi di sì” (…) La paura non è quanto speso, ma quanto per i figli e per la moglie, che se lo sanno i militanti…».
Belsito : «Solo la scuola allora te lo ricordi 1 milione e mezzo di mutuo, la Pontidafin? (finanziaria della Lega, ndr ) Vogliamo parlare di quel contributo che gli diamo tutti gli anni? Tra i 150.000 e i 200.000?».
Nadia : «Ma difatti tu gli devi dire (a Bossi, ndr ) “tua moglie e i tuoi figli ti rovineranno con i costi che hanno”. Punto. E che se da te esce fuori qualcosa della famiglia, lui è rovinato, non può dire che non sa (…) Da far capire al capo, “guarda che tu non hai la possibilità di rimediare a tutto quello che è stato dato a tua moglie sia per lei sia per la scuola sia per i tuoi figli”, perché sono troppi, troppi soldi».
Ma quali revisori dei bilanci…
In effetti la parola “bilanci” pare un optional.
Nadia : «Ti sto dicendo che io del 2011 ho 670.000 euro non giustificati… toglierò quelli di cassa e però ho già inserito quel discorso… diciamo che io ne ho, toh, fai 400.000 da giustificare (…) Castelli vuole sapere chi sono i revisori, e allora gli ho detto “ma tu sai come funziona?” Lui fa: “No, fammi una nota”».
Belsito : «Ah! Questo qui è scemo. E chi sono i revisori, che non abbiam mai visto manco noi?».
Nadia : «Io. Gli preparo tutto io. Glielo mando e loro firmano, perché i bilanci sono certificati da tre revisori esterni e da tre interni».
Belsito : «Eh, ma pensa te!».
Nadia : «(…) Io gli preparavo tutta la relazione, gliela inviavo e loro non facevano altro che firmarmela, non guardavano un cavolo».
MILANO – «Mi avete preso per il culo. Ma la cazzata piu grande l’ho fatta io, tutta da solo: non avrei dovuto far entrare i ragazzi in politica». Nel giorno dell’amarezza più straziante, Umberto Bossi racconta a un amico la sua ultima serata da segretario federale della Lega. Un lungo, doloroso redde rationem con la famiglia: «Qualcuno me lo aveva anche detto: “Umberto, devi scegliere tra la Lega e i figli”. Lo sapevo anch’io, avrei dovuto scegliere la Lega. I figli potevano fare qualcosa d’altro». Nel pomeriggio di mercoledì, infatti, Bossi ha abbandonato via Bellerio mentre la segreteria politica del movimento era ancora in corso. Le evidenze di quello che non aveva mai voluto vedere gli sono state rivelate in un’epifania progressiva di fatti, circostanze ed eventi che fino a quel momento aveva sempre, letteralmente, ignorato. I macchinoni dei figli Renzo e Riccardo? Dei leasing. Gli appartamenti di Renzo? Normali affitti. D’altronde, un consigliere regionale guadagna mica male. Tutto poteva pensare Umberto Bossi nella sua vita di ventura, tranne che a far tremare dalle fondamenta la sua costruzione sarebbero stati i figli. La famiglia. C’è chi parla di responsabilità oggettive: «Non passa per una volpe? E come mai non si è accorto di nulla?». Ma qui, appunto, a far scricchiolare l’edificio è stato il più insidioso dei cavalli di Troia. I figli. La famiglia. Strozza la gola il pensare che, ancora pochi mesi fa, nell’infuriare dello scontro tra «cerchio magico» e «barbari sognanti», il capo padano preso in contropiede dal conflitto sottovalutato dichiarasse che «Renzo è l’unico di cui mi fido».
Tutto nasce nella notte nevosa tra il 10 e l’11 marzo 2004, quando il cuore di Umberto Bossi impazzisce. Manuela Marrone, la moglie, si ritrova a fare cupe riflessioni sul futuro: il marito è tra la vita e la morte, lei ha tre figli da crescere e la sua naturale diffidenza la porta a non fidarsi di nessuno. A partire da quei colonnelli che vede pronti a impadronirsi del movimento da lei stessa fondato vent’anni prima. Nelle primissime ore, c’è spazio soltanto per l’amica Rosi Mauro e per Luciano Bresciani, il cardiologo convertito da Bossi alla Padania, oggi assessore lombardo alla sanità. La prima decisione è subito presa: bisogna andarsene dall’ospedale di Varese. Nessuno deve parlare a nome suo, nessuno deve nemmeno essere in grado di fare scommesse sulla sua salute. Nella paranoia di quelle ore concitate, si teme addirittura che qualcuno possa approfittare della situazione per togliere Bossi di mezzo. E così il leader semicosciente si volatilizza nella notte in direzione della svizzera Sion con gran rabbia del governatore lombardo Roberto Formigoni. È più o meno in quei giorni che nasce il «cerchio magico», quel cordone che renda Bossi, paradosso tra i paradossi, sempre più inaccessibile. I suoi ordini vanno filtrati, le informazioni che riceve, selezionate. È lì che nasce il soprannome di Manuela Marrone, il «vero capo». Che trasmette i suoi ordini attraverso «la Nera», la «badante» Rosi Mauro.
Ma quel che fa precipitare la situazione è l’ingresso sulla scena politica di Renzo. Ancora nel settembre 2009, Umberto Bossi racconta ai giornalisti dei figli, della sua preoccupazione che, per la loro giovinezza e inesperienza, possano essere utilizzati contro di lui e soprattutto contro la Lega: «Renzo deve andare via. Deve studiare all’estero. Voi non lo lascereste in pace». Che cosa poi accada non è dato sapere. Fatto sta che in gennaio, Renzo è candidato in Regione. La stretta su Bossi diventa, se possibile, ancora più severa. La realtà deve essere ancora più filtrata. Perché il perno di tutto è proprio Renzo. Giuste le ipotesi dei magistrati, sono gli «amici» di Renzo, quelli che ogni giorno ne magnificano al padre le doti, a trarre i benefici economici dal sistema. Ma perché il gioco regga, il papà non deve sapere. Meno contatti ha, meglio è. E così la maggior parte dei suoi appuntamenti pubblici scompare dalla Padania e dal web della Lega, i giornalisti vengono tenuti il più lontano possibile e lo stesso vale per i dirigenti del movimento. Bossi ama trascorrere le nottate libere al bar Bellevue di Laveno? Sul posto vengono organizzati turni di guardia. E se arrivano importuni, siano essi giornalisti oppure dirigenti che attendono da settimane di parlare con il «Capo», scatta l’allarme e arrivano i rinforzi per «proteggere» il leader. Il «cerchio» è chiuso.
MILANO – «La mia impressione è che la faccenda puzzi». «Sa tanto di organizzato, noi siamo nemici di Roma padrona e ladrona, dell’Italia, uno Stato che non riuscirà mai a essere democratico».
Il giorno dopo essersi dimesso da segretario federale della Lega Nord, Umberto Bossi parla prima da Gemonio e poi da via Bellerio, a Milano, delle inchieste sulla gestione dei fondi del Carroccio. Secondo il Senatur il caso Belsito sarebbe stato fatto scoppiare ad arte, «nel timore che noi (la Lega, ndr) sequestrassimo i voti del nord. A Roma l’unica cosa che pensano è sopravvivere con i soldi del nord». E ancora: «Si è rotta l’alleanza con il Pdl ed è successo questo. È un caso? Non è un caso» attacca Bossi, che nel frattempo però ribadisce parole di amicizia per Silvio Berlusconi: «Ci sarà rimasto male».
L’INCONTRO CON MARONI – Nella sede della Lega è previsto nel pomeriggio l’incontro di Bossi con Roberto Maroni. «Me lo ha chiesto lui ieri (giovedì, ndr) – dice il Senatur – ci si vede per discutere su cosa dobbiamo fare». Intorno alle 15 si diffondono voci che il faccia a faccia sia saltato visto che l’ex ministro fa il suo ingresso in via Bellerio subito dopo che il Senatur è uscito. Poi però arriva il chiarimento: l’incontro è stato semplicemente rinviato di qualche ora.
A proposito di Maroni e di chi insinua sia un traditore, Bossi invita alla cautela «perché la militanza è fatta di gente che ci crede». E spiega: «Maroni non è Giuda», ha «solo fatto una specie di corrente, i barbari sognanti, che non penso sia con me ma neppure contro di me».
L’INCHIESTA – Rispondendo alle domande dei giornalisti, Bossi affronta poi lo scomodo capitolo dei figli, a proposito dei quali aveva già pronunciato il suo mea culpa: «Ho sbagliato a farli entrare in politica». Adesso però difende Renzo. In particolare dall’accusa che si sia comprato la macchina con parte dei soldi della Lega. «Mi ha portato le prove che l’automobile è sua e l’ha pagata lui, di questo sono certo perché l’ho visto con i miei occhi».
Il Senatur ribatte anche sull’ipotesi che la ristrutturazione della villa di Gemonio sia stata pagata con i fondi di via Bellerio: «È falso» dice. E scende nei dettagli ricordando che durante i lavori «hanno sbagliato a rifare un balcone che perdeva acqua e abbiamo chiamato uno della Lega bergamasca che poi non ha mandato la fattura».
IL FUTURO – Bossi risponde anche a chi gli chiede se si ripresenterà come candidato alla poltrona di segretario federale della Lega: «Non abbiamo ancora deciso quando faremo il congresso… allora te lo dirò».