I PARADOSSI DELLA CRISI BANCARIA IN SPAGNA. Il sistema creditizio spagnolo finanzia i debiti della Liga. E adesso sarà salvato dall’Europa
MADRID – Dal punto di vista del tifoso (milanista) la buona notizia è che, probabilmente, il Barcellona non avrà i soldi per comprare Thiago Silva. A metà maggio, quattro giorni dopo la nazionalizzazione di Bankia e nell’imminente «scoperta» del nuovo buco da 19 miliardi, il Barça bussò alla porta delle banche finanziatrici alla ricerca del contante per la campagna acquisti post Guardiola. Nel pool ci sono dieci istituti, dai più grandi e solidi come Bbva e Santander, agli indebitati e claudicanti Caja Madrid e Cam. Ma alla richiesta del presidente Rosell di alzare il fido milionario della squadra, tutti hanno risposto «no». Un sussulto di dignità di fronte alla prospettiva di dover chiedere all’Europa 100 miliardi di aiuti per tenere in piedi il sistema finanziario spagnolo. La cattiva notizia (per italiani, spagnoli e tutti gli altri contribuenti dell’Eurozona) è che i 10,5 milioni di stipendio per Messi la «pulce», i 13 per la stella del Real Madrid Cristiano Ronaldo, i 14,8 del suo irascibile allenatore Mourinho e gli altri mega stipendi della Liga arriveranno dalle loro tasche. Dalle nostre tasche, attraverso il pacchetto che l’Europa dovrà concedere.
Il debito del calcio spagnolo, prima e seconda divisione, ronza attorno a 5 miliardi, un mezzo punto del deficit nazionale. Fosse una famiglia (o anche solo un’azienda normale) avrebbe già i libri in tribunale visto che gli incassi annuali sono dell’ordine dei 1,8 miliardi, ma le spese correnti sono di 300 milioni più alte. Per andare in pari (senza neppure cominciare a restituire i debiti) bisognerebbe liquidare i calciatori di un terzo della Liga oppure il Real Madrid dimezzare il monte stipendi ai vari Ronaldo, Kaka e co.
Solo di tasse arretrate e oneri sociali il futbol deve un miliardo al Regno di Spagna. Il ministro dell’Educazione e dello Sport, José Ignacio Wert, ha appena firmato un accordo con la Liga de Fútbol Profesional in base al quale, dal prossimo campionato, il 35% dei diritti tv andrà a garanzia degli arretrati. Per mettersi in regola con il Fisco, Real, Barça e gli altri hanno tempo però fino al 2020. Otto lunghissimi anni. Cominciando a pagare dalla stagione 2014-2015. «E’ diffusa la sensazione – ha ammesso il ministro – che il calcio abbia ricevuto un trattamento di favore».
I restanti 4 miliardi di debiti sono un altro «favore» che le banche spagnole hanno concesso alle loro squadre: la commistione politico-finanza ne è la causa. Le varie casse locali dipendenti dalle giunte regionali o dalle grandi municipalità concedevano prestiti a imprenditori perché amici del partito o, nel migliore dei casi, perché utili all’occupazione nel bacino elettorale, indipendentemente dalla sostenibilità dei progetti. Il calcio con il suo seguito popolare rientrava (rientra?) nelle priorità politiche. Questioni spagnole? Non più visto che saremo tutti noi dell’Eurozona a coprire l’insolvenza delle banche che finanziano la Liga. Bruxelles deve ancora decidere come, ma di alternative ce ne sono poche.
Real Madrid e Barcellona sono le società più indebitate, 660 milioni uno, 548 il secondo, ma paradossalmente le più solventi grazie a fatturati in crescita e a entrate appena inferiori al debito. Diverso il caso del Valencia che ha un debito da 380 milioni e entrate per soli 120. Caso vuole, però, che sia il fallimentare Valencia sia il galattico Real siano clienti di Bankia, l’istituto che ha scoperchiato il vaso di Pandora. Florentino Peres (nella foto a fianco), patron dei blancos, ottenne 76,5 milioni da Caja Madrid per comprare Cristiano Ronaldo e Kaka (90 e 67 milioni) nel 2009. Ottimo il tasso d’interesse: 1,5 più dell’Euribor. Nella stessa estate il Valencia evitò il fallimento grazie a un maxi prestito di Bancaja. Entrambe le banche vennero poi fuse in Bankia per salvarle dall’esplosione della bolla immobiliare. Allora fu lo Stato spagnolo a mettere i 4 miliardi necessari, ma siccome la palla è rotonda e, soprattutto i soldi sono finiti, ora toccherà agli europei metterne 19.
Dall’Ue hanno sollecitato più volte una rottura del triangolo Liga-politica-finanza. Il Bayern Monaco, finalista di Champions e, da buon tedesco, con i conti in ordine, ha parlato di concorrenza sleale. A che squadra terrà l’arbitro, Angela Merkel?