L’intervista al ministro corrado Passera: «superare le resistenze». I prossimi dossier sul tavolo: agenda digitale, misure per le start-up e i lavori della Salerno-Reggio Calabria.
ROMA – Spread in discesa, Borsa in rialzo. Sulla scrivania del ministro dello Sviluppo economico ci sono ancora le agenzie di stampa di ieri che attribuiscono anche all’approvazione del decreto sulla Crescita, l’insolito guizzo dei mercati, in un panorama che resta a tinte fosche. Corrado Passera sembra soddisfatto.
Ministro, l’ideona non c’è…
«Ce ne sono tante ma attenzione, nessuna scorciatoia: la crescita vera non si fa con gli annunci, schioccando le dita. Questo decreto contiene mesi di lavoro e riforme profonde. Su questo fronte l’impegno del Governo è continuo, non esistono fasi 1 e 2. Fin dal salva Italia abbiamo inserito 14 miliardi per la riforma fiscale della crescita e altri 20 per il credito alle Pmi con garanzia dello Stato. Da allora non ci siamo mai fermati».
Sì, ma il Paese attende un segnale. Per non parlare dei mercati.
«Ho visto crescere intorno a questo provvedimento, da quando le misure sono emerse, un’attesa e un supporto che mi hanno confortato, confermando che siamo nella direzione giusta. E forse anche i mercati hanno voluto mandarci un segnale».
Il decreto ha avuto un iter lungo e contrastato. Ha dovuto rinunciare a molte misure?
«No. Ho rinunciato al credito d’imposta per l’innovazione, che valeva 6-700 milioni. Ma è solo un rinvio, in attesa delle risorse che verranno da review e dismissioni».
Come si attiveranno gli 80 miliardi di cui ha parlato presentando il provvedimento e su cui il segretario Alfano si è mostrato scettico?
«La stima che mi hanno chiesto in conferenza stampa riguarda sia le norme che mettono a disposizione delle imprese nuovi strumenti di finanziamento, sia quelle che attivano o accelerano nuovi investimenti. Riteniamo che project bond, cambiali finanziarie, obbligazioni permetteranno alle imprese di raccogliere mezzi finanziari per almeno una quarantina di miliardi».
E gli altri quaranta?
«Anche questa è una stima degli effetti economici che possono derivare dalle agevolazioni per gli interventi di ristrutturazione ed efficientamento energetico, dal Piano Città, dai progetti finanziabili dal nuovo Fondo per la Crescita sostenibile, dalla defiscalizzazione in campo infrastrutturale, dallo sblocco di molti cantieri energetici. Ci aspettiamo poi effetti positivi – più difficile da stimare – da agevolazioni sulle assunzioni, riforma del diritto fallimentare, accelerazione della giustizia civile, nuovi contratti di programma, semplificazioni procedurali».
E le indiscrezioni sulla battaglia con il ministero dell’Economia per avere le risorse?
«Con Grilli abbiamo trovato in questi mesi la soluzione a tantissimi problemi e cosi è stato anche stavolta».
La formula «salvo intese» non sta a dire che la copertura è da trovare?
«Assolutamente no. Riguarda solo alcuni provvedimenti ed in particolare quelli di altri ministeri confluiti all’ultimo minuto nel decreto».
Insomma nessuna resistenza? Ne avrà trovate nella sua esperienza ministeriale.
«Di resistenze ce ne sono tante, e su tutto. L’importante è riuscire a superarle. Ad esempio, il beauty contest non è stato una passeggiata ma, lavorando con l’Europa e l’Autorità per le comunicazioni, alla fine siamo arrivati a una soluzione. Anche sulle rinnovabili tanti avrebbero preferito che si continuasse a regalare incentivi in eccesso. Poi però l’accordo c’è stato».
E il Parlamento? Il passaggio politico ha tolto forza ai provvedimenti del governo?
«Tutte le nostre proposte sono state approvate e a volte migliorate dal Parlamento. Al di là della polvere, vedo una sostanza positiva e riconosco alla politica che non è facile sostenere questa linea di rigore. Sul fronte dello sviluppo l’appoggio è stato forte».
Quindi ritiene di aver potuto sfruttare appieno l’occasione del decreto sulle Liberalizzazioni. O si poteva fare di più?
«Abbiamo messo mano a settori inimmaginabili come il gas, dove la separazione Eni-Snam è stata realizzata in qualche settimana, non in anni. Siamo intervenuti sul trasporto pubblico locale, dove ci sono più di mille aziende e forti resistenze, mettendo in moto un meccanismo che cambierà il settore. Abbiamo dato più poteri all’Autorità Antitrust e creato quella dei Trasporti. E abbiamo iniziato sei mesi fa…».
La macchina burocratica risponde a questa accelerazione?
«Sì. Lo dico anche sulla base dell’esperienza positiva dei miei cinque anni in Poste dove ho imparato che la maggior parte della gente della Pubblica amministrazione vuole poter esercitare il suo ruolo con dignità. Giovedì, quando ho incontrato tutti i dirigenti delle Poste, l’emozione è stata fortissima: penso a come la Posta era ridotta nel ’98, da anni è diventata una delle migliori in Europa. La gente ha risorse clamorose, basta mobilitarle».
E i «fannulloni»?
«Ci sono. Soprattutto dove c’è cattiva gestione. Vale sia per il pubblico che per il privato».
Lei è stato il primo a snellire il suo ministero: 200 persone sono uscite.
«Abbiamo iniziato dagli uffici di mia stretta pertinenza, e siamo all’inizio. Ci sono migliaia di società dipendenti da ministeri ed enti locali che spesso non hanno ragion d’essere e su cui bisogna intervenire».
Intanto a chiudere sono molte aziende private. Quando si vedranno i primi effetti dei decreti sui pagamenti della Pa?
«Entro l’anno si potranno rendere liquidi i primi 20-30 miliardi. Anche le decisioni di ieri contribuiscono a creare risorse. Con l’adozione della direttiva europea, il problema sarà risolto definitivamente».
Ci sono grosse imprese che stanno lasciando l’Italia. Cosa ne pensa delle scelte della Fiat?
«Sono le sue scelte. Noi lavoriamo per facilitare lo sviluppo delle imprese in Italia e l’attrazione di investimenti dall’estero».
I dati sulla disoccupazione fanno impressione. La riforma del lavoro aiuterà le imprese?
«Qualche mese fa molti avrebbero considerato improbabile arrivare ai risultati raggiunti. Certo si è creato un eccesso di aspettativa su certi punti. Ma alla fine l’equilibrio trovato, anche sulla flessibilità in uscita, è positivo. Ora c’è un problema grave di produttività da risolvere: serve uno sforzo, mi faccia dire, di concertazione forte tra le parti sociali».
Non teme che qualcosa si sia rotto con i sindacati con la vicenda degli «esodati»?
«Bisognerà trovare una soluzione che tenga conto del disagio umano e sociale, senza venir meno agli impegni su cui è basata la credibilità finanziaria del Paese».
Parla come un politico consumato. Intende impegnarsi a fine mandato?
«Non lo so quello che farò. Ma so che questo governo ha un compito difficilissimo che sta riuscendo a realizzare proprio perché non ha vincoli elettorali. Monti ha fatto il miracolo di riportare l’Italia protagonista su tutti i tavoli importanti. Dobbiamo continuare così».
Sì, ma le piacerebbe entrare in politica?
«Occuparsi del bene comune è bellissimo sentire l’appoggio della gente è di conforto. Dopodiché sono già sui prossimi dossier: agenda digitale e misure per le start-up, entro l’estate, e i cantieri della Salerno-Reggio entro il 2013. Poi si vedrà».