Giuseppe Mandara, titolare del noto caseificio, arrestato insieme ad alcuni collaboratori. Sequestro per 100 milioni di euro
CASERTA – Il formaggio dop era una «bufala», le ciliegine di mozzarella contenevano persino ceramica, mentre il titolare del franchising nazionale un uomo legato al clan dei casalesi. Con queste accuse agenti della Dia e del Noe dei carabinieri stanno eseguendo provvedimenti del gip di Napoli emessi su richiesta della Dda nei confronti del gruppo caseario Mandara, noto marchio nazionale e internazionale della commercializzazione della mozzarella Dop. Giuseppe Mandara, proprietario del franchising, è stato arrestato insieme a dei collaboratori e il patrimonio, stimato in oltre 100 milioni di euro sequestrato. Ritenuto dagli investigatori vicino alla cosca dei «La Torre» contigua ai casalesi, le accuse per Mandara sono associazione per delinquere di stampo camorristico e reati in tema di tutela della salute pubblica. Nel corso delle indagini la Dia ha accertato che l’uomo, agli inizi degli anni ’80 titolare di un caseificio in gravi difficoltà economiche, ricevette dai vertici del clan camorristico 700 milioni di lire che gli consentirono di trasformare la sua azienda in uno dei più importanti caseifici della Campania. Il sequestro di beni eseguito dagli agenti della Dia e dai carabinieri del Noe di Napoli riguardano l’intero patrimonio aziendale del gruppo.
LA TRUFFA – Emerge anche una truffa su prodotti caseari non dop ma distribuiti e venduti come tali nell’operazione «Bufalo» condotta dalla Dia di Napoli e dal Noe dei carabinieri. Il blitz ha portato oggi al sequestro di beni appartenenti all’azienda «Mandara» (per oltre 100 milioni di euro) e all’arresto del titolare e di alcuni suoi collaboratori. Normali provoloni venduti come «provoloni del Monaco», un formaggio dop particolarmente pregiato realizzato in qualità limitata nel periodo primaverile ed estivo, con latte di alta qualità e attraverso un particolare disciplinare. Questo filone di indagini è stato condotto, in particolare, dai militari del Noe. In particolare una partita di «ciliegine di mozzarella» nella quale erano finiti frammenti di ceramica in seguito alla rottura della macchina impastatrice venne messa ugualmente in commercio per decisione di Giuseppe Mandara. La circostanza, che risale all’agosto 2008, emerge da intercettazioni telefoniche registrate dai militari e confluite nell’ordinanza di custodia cautelare notificata questa mattina. Circostanza grave dal momento che i frammenti di ceramica, come sottolinea il procuratore aggiunto della Dda, Federico Cafiero De Raho, avrebbero potuto danneggiare l’apparato digestivo dei clienti.
LO STABILIMENTO – Sequestrato il punto vendita di Mandara adiacente allo stabilimento di Mondragone dell’azienda, i provvedimenti non riguardano i punti vendita in franchising sparsi su tutto il territorio nazionale. Sul ruolo di Giuseppe Mandara negli affari del clan avrebbero riferito agli inquirenti numerosi collaboratori di giustizia. Il gruppo «Mandara» esporta in Italia e all’estero circa duecento quintali di mozzarella di bufala al giorno, mozzarella che giunge anche negli Usa, Giappone, Russia e Nuova Zelanda.
COLDIRETTI: AFFARI MILIARDARI – Il business delle agromafie, ovvero delle attività della criminalità organizzata nel settore agroalimentare, ammonta oggi a 12.5 miliardi di euro. Lo ricorda la Coldiretti sulla base del rapporto sulle agromafie elaborato insieme ad Eurispes, nel commentare positivamente l’operazione della Dia e del Noe dei carabinieri. Le agromafie – sottolinea la Coldiretti – investono i loro ricchi proventi in larga parte in attività agricole, nel settore della trasformazione alimentare, commerciale e nella grande distribuzione con il reinvestimento dei proventi illeciti che ha come corollario il condizionamento della libera iniziativa economica e la concorrenza sleale. Una attività che spesso avviene anche attraverso frodi con la vendita di prodotti importati e di bassa qualità come Made in Italy o come prodotti a denominazione di origine. «È quindi importante – conclude l’associazione degli agricoltori – insieme all’aumento dei controlli stringere le maglie della legislazione. Un segnale importante in questo senso viene dalle novità introdotte nella produzione della mozzarella di bufala campana Dop con l’arrivo dalla fine di giugno di un codice etico che prevede tra l`altro che, per produrla, occorre il certificato antimafia obbligatorio ogni anno per tutti i soci».
IL FALSO PROVOLONE – Giuseppe Mandara, come risulta dalle indagini, tentò di vendere a Scandicci (Firenze), in Toscana, anche una partita di falso «provolone del Monaco» dop. Si trattava, in realtà, di un formaggio prodotto nella zona di Agerola senza rispettare il rigido disciplinare previsto per il provolone del Monaco. Fu l’Alival spa a vendere i prodotti a una nota catena di supermercati. Quando compresero che sulla vicenda erano in corso indagini, Mandara e i suoi collaboratori si fecero mandare indietro i formaggi e mostrarono ai militari del Noe fatture contraffatte.
LEGAMBIENTE: COSI’ SI TUTELA IL PRODOTTO – «Plauso alla magistratura , i criminali della “bufala” non possono avere cittadinanza nelle terre della mozzarella dop. Le inchieste, il rigore dei controlli sono le garanzie imprescindibili per tutelare la salute dei cittadini e salvaguardare uno dei compartimenti economici più importanti del simbolo del made in Italy». Lo dichiara Michele Buonomo, presidente di Legambiente Campania, nel commentare gli sviluppi dell’operazione «Bufalo» di Dia e carabinieri. «È necessario continuare a denunciare chi con il loro operato criminale e mafioso danneggia e penalizza la maggioranza degli allevatori e produttori seri e scrupolosi che operano in Campania. Solo in questo modo – conclude Buonomo – la moneta buona può scacciare quella cattiva».