Gran Bretagna. Disappunto inglese: «Nessun salvacondotto». Quito teme per l’incolumità dell’australiano e la Svezia protesta.
Mentre si scaldano i toni dello scontro diplomatico tra Ecuador e Gran Bretagna sul caso Assange, la diplomazia di Quito concede l’asilo politico al fondatore di Wikileaks. Lo ha confermato il ministro degli Esteri dell’Ecuador in conferenza stampa provocando l’immediata risposta del collega inglese che ha espresso «disappunto per la scelta di Quito» che avrebbe dovuto, secondo il Foreign Office, «cercare un accordo negoziato». Londra è irremovibile e ha ribadito, attraverso il ministro britannico William Hague, di non volere concedere il salvacondotto ad Assange. Commentando la decisione del suo governo Ricardo Patino, numero uno della diplomazia ecuadoregna, ha ribadito che «l’asilo è un diritto umano fondamentale e fa parte del diritto internazionale».
TIMORI PER ASSANGE – Patino ha ricordato 11 punti che secondo Quito giustificano tale decisione. Ma l’Ecuador teme anche per l’incolumità di Assange che dalla Svezia, dove la Gran Bretagna intende estradarlo, potrebbe essere trasferito negli Stati Uniti (che attraverso il Dipartimento di Stato ha negato ogni pressione sul governo inglese). Su questo punto Quito sostiene di non aver ricevuto nessuna assicurazione da parte di Stoccolma che ha subito protestato tramite il suo ministro Carl Bildt per i dubbi espressi dall’Ecuador. Intanto arriva la dichiarazione del protagonista della vicenda. Per Julian Assange si tratta «di una vittoria significativa. Adesso le cose diventeranno più stressanti», ha aggiunto il capo di Wikileaks ringraziando lo staff dell’ambasciata che lo ha ospitato per 58 giorni.
ESTRADIZIONE – Londra è però «determinata a estradare Assange in Svezia dove è accusato di stupro e violenza sessuale», come ha spiegato un portavoce del Foreign Office secondo il quale «il Regno Unito ha l’obbligo giuridico di estradare Assange». E ha assicurato «che se ci arrivasse una richiesta di salvacondotto, la rifiuteremmo». Intanto davanti all’ambasciata ecuadoregna di Londra proseguono le manifestazioni di sostegno di Assange che hanno provocato la reazione di Scotland Yard: tre persone sono state arrestate.
MINACCE -La tensione ha raggiunto livelli altissimi. Il governo ecuadoriano ha attaccato su più fronti, e con durezza, la Gran Bretagna, denunciando una «minaccia» ricevuta dalle autorità britanniche, sia «a voce sia scritta», di un «attacco» alla sua ambasciata di Londra per arrestare Assange. Sulla base di una serie di norme internazionali, la Gran Bretagna potrebbe «prendere le azioni necessarie per arrestare Assange» , afferma il testo di una lettera citata dall’agenzia ecuadoriana «Andes». Per Londra, la «strada» di tale azioni rimarrà aperta «nel caso in cui Voi non risolverete la questione della presenza del Sig. Assange» nell’ambasciata. Precisando però che l’augurio è «di non dover arrivare a tal punto». «Nel Regno Unito c’è una base legale» che consentirebbe tali azioni, continua il testo, ricordando «la legge sulle sedi diplomatiche e consolari del 1987». Pur comprendendo «la forte pressione politica in Ecuador» per il caso, si sottolinea che la «situazione dovrà essere risolta qui, nel Regno Unito, in linea con i nostri obblighi legali», ricordando che nel caso di un via libera di Quito all’asilo, Londra «respingerà» l’eventuale richiesta di un salvacondotto.
NORME ONU – «L’ingresso non autorizzato di qualsiasi autorità britannica nell’ambasciata – ha ricordato il ministro Patino – sarà considerata una violazione» del diritto internazionale e delle norme Onu. Si tratterebbe di un fatto «improprio per un Paese democratico, civile e rispettoso del diritto», ha spiegato, ricordando che l’Ecuador «non è una colonia» del Regno Unito e che il suo Paese è pronto a convocare riunioni d’urgenza dell’Unasur (blocco che raggruppa 12 paesi del Sudamerica) e dell’Organizzazione degli stati americani (Osa).
LA VICENDA – Assange si è rifugiato nell’ambasciata dell’Ecuador a Londra lo scorso 19 giugno per evitare l’estradizione in Svezia, dove è ricercato per essere interrogato in relazione alle accuse di molestie sessuali avanzate da due donne. L’australiano respinge le accuse e sostiene che l’estradizione potrebbe essere il primo passo verso il suo trasferimento negli Stati Uniti, dove teme di essere incriminato per la diffusione di circa 250mila documenti segreti del governo di Washington.