DOPO LA SENTENZA CONTE. Il presidente federale ribadisce la fiducia nella giustizia sportiva: «Non accettiamo i tentativi di alimentare tensioni».

«Quando si è protagonisti in negativo ognuno riscopre la giustizia a proprio uso e consumo». Il presidente della Federcalcio, Giancarlo Abete, durante la cerimonia di apertura della stagione di serie A e B (campionato cadetto al via venerdì sera con Modena-Verona), risponde indirettamente al tecnico della Juventus Antonio Conte, squalificato per 10 mesi per omessa denuncia e protagonista, giovedì, di una polemica conferenza stampa contro la giustizia sportiva.
BISOGNA CONOSCERE LE REGOLE – La linea di Abete viaggia in parallelo con quella del Coni Gianni Petrucci («Sembra che l’unico colpevole di questo calcioscommesse sia Palazzi e non chi ha commesso illeciti», aveva dichiarato giovedì sera difendendo il procuratore federale), tanto che arriva l’annuncio ufficiale: Stefano Palazzi e il presidente della Corte di giustizia federale Gerardo Mastrandrea saranno candidati anche per il prossimo quadriennio. «Le parole pronunciate ieri dal presidente Petrucci sono altamente condivisibili. Tutto si può migliorare, ma bisogna conoscere i fondamentali delle regole. Se non si conosce quello di cui si parla, si corre il rischio di dire cose che non stanno né in cielo né in terra».
SÌ ALLE CRITICHE, NO A CHI ALIMENTA TENSIONI – Il ruolo della giustizia sportiva è diverso da quello della giustizia ordinaria per esigenze di decisioni rapide, e questo è risaputo. Abete, infatti, precisa: «Forse dovremmo aspettare ancora che venga emessa la sentenza di rito abbreviato di secondo grado del processo di Napoli? Se la giustizia sportiva dovesse rimanere a valle, dal 2006 a oggi saremmo ancora fermi nella situazione in cui eravamo, sarebbe stata una situazione kafkiana. La giustizia sportiva non è quella del calcio, ma del Coni, e sancisce che i giudici operano in indipendenza, autonomia, terzietà e riservatezza e vanno rispettati». I nomi di Conte o di Andrea Agnelli non vengono fatti, ma il numero uno della Figc ribadisce: «Tutti possono criticare le decisioni purché riconoscano le funzioni della giustizia in quanto tale e la sua autonomia nei confronti dei soggetti politici. Assistiamo a tentativi di alimentare tensioni che non accettiamo».