Il decreto sull’incandidabilità. Cancellieri: Le misure sulla non candidabilità per i condannati in via definitiva sono ispirate a criteri oggettivi. Gli effetti.

ROMA – Mentre le fibrillazioni nella maggioranza di governo riportano in primo piano la possibilità di un voto anticipato tra fine febbraio e marzo, al punto che il capo dello Stato, Giorgio Napolitano, fa sapere che valuterà «tempi necessari e opportuni per il voto», il governo vara il decreto legislativo sulle Liste Pulite. Quello che prevede la non candidabilità, a deputato, senatore, europarlamentare, membro di governo o di giunte regionali, comunali e provinciali, di chi riceverà una condanna definitiva a pene superiori ai due anni di carcere per reati contro la pubblica amministrazione, ma anche per mafia, terrorismo, traffico di esseri umani e altri crimini gravi. Un divieto che vale anche per condanne ricevute nel passato (ma non al termine di un patteggiamento), che però ha una durata: il doppio delle pene accessorie ricevute e comunque non inferiore ai 6 anni.
Chi riceverà la condanna, dopo essere stato eletto, decadrà dall’incarico. Ma nel caso dei parlamentari solo dopo un voto della Camera di appartenenza. Una modifica che ha un po’ allentato le maglie rispetto alla previsione iniziale di un automatismo. «L’accertamento delle cause di incandidabilità avverrà d’ufficio per garantire maggiore immediatezza prima delle elezioni visto che dopo sarà il Parlamento a decidere su requisiti e decadenza», anticipa il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Antonio Catricalà.
Per il premier Mario Monti, sono misure di «grande rilevanza» «per l’economia e la società moderne e per una vita politica trasparente e ordinata». Ispirate a «criteri oggettivi» evidenzia il ministro dell’Interno, Anna Maria Cancellieri. «Si tratta di reati che palesemente contrastano con l’interesse alla eleggibilità di soggetti che siano candidabili secondo criteri di trasparenza inerenti alla carica che devono andare a ricoprire», aggiunge il ministro della Giustizia, Paola Severino.
La nuova norma potrebbe vedere il suo debutto già alle prossime elezioni perché le Camere hanno 60 giorni per esprimere un parere obbligatorio ma non vincolante. Oggi stesso il prefetto di Roma potrebbe firmare il decreto per indire quelle del Lazio per il 3 e 4 febbraio, come previsto dal Tar. L’orientamento del governo è far convergere su quella data anche le regionali della Lombardia e Molise. In ogni caso, ha annunciato il ministro Patroni Griffi «è in tempo utile per le prossime elezioni politiche».
A chi gli chiedeva se il venir meno dell’appoggio al governo da parte del Pdl fosse dovuto al decreto, Monti ha risposto: «Non sta a me far processi alle intenzioni». «È stato fatto un lavoro rigoroso e obiettivo, non influenzato dai sentimenti delle parti politiche», ha aggiunto, sottolineando che il provvedimento è in ottemperanza di una delega ricevuta dal governo precedente. Del resto a rivendicare la norma è stato lo stesso ex Guardasigilli, Angelino Alfano, che ha dichiarato: «Non riguarda il nostro presidente perché Berlusconi sarà assolto».

ROMA – Anche Marcello Dell’Utri sarà candidabile. Tra le maglie del provvedimento passano quasi tutti i parlamentari che avevano temuto di non poter ripresentarsi alle elezioni. Tra questi l’amico di Silvio Berlusconi, che ha condiviso successi e avventure politiche e giudiziarie. Dei diversi procedimenti subiti, incluso quello per concorso esterno in associazione mafiosa (la condanna in appello a 7 anni è stata annullata con rinvio in Cassazione), solo uno avrebbe potuto fermare una sua ricandidatura: la condanna definitiva a 2 anni e 3 mesi per false fatture e frode fiscale in Publitalia. Ma arrivò al termine di un patteggiamento, nel ’99. Quindi non vale. A fugare ogni sospetto il ministro Severino chiarisce: «Chi decide di patteggiare deve essere messo nella possibilità di conoscere le conseguenze della sua scelta. Applicarla oggi ritornerebbe a carico dell’imputato in modo irrazionale». Anche Marcello De Angelis (Pdl) era e resta candidabile perché ha scontato la sua pena a 5 anni e 6 mesi per associazione sovversiva e banda armata nell’89. Tra i condannati in via definitiva si salva il pdl Aldo Brancher perché condannato solo a due anni per ricettazione e appropriazione indebita nello scandalo Antonveneta. Anche Salvatore Sciascia (Pdl) potrebbe essere candidato perché la condanna a 2 anni e sei mesi per aver corrotto alcuni ex colleghi della Finanza risale al 2001: troppo vecchia.