LA RIUNIONE CHE PRECEDE IL CONSIGLIO EUROPEO. VERSO IL VOTO. Battuta del premier davanti alla Merkel. Il no a Bersani su futuri «ruoli di garanzia». . Bruxelles, i due leader s’incontrano dopo le ultime polemiche. Pressing europeo per un nuovo governo del Professore.
BRUXELLES – Monti appare a sorpresa al vertice del Ppe a Bruxelles. E Silvio Berlusconi gli rinnova l’invito a candidarsi, dicendosi pronto a fare un passo indietro. Ma il pressing su Monti è stato corale. Mentre sul possibile ritorno in campo dell’ex premier italiano è caduta una specie di bocciatura da parte del presidente francese Hollande secondo il quale «per Berlusconi non ci sono prospettive concrete. Con lui – ha detto l’inquilino dell’Eliseo nella notte tra giovedì e venerdì – quello che è vero un giorno non lo è più il giorno dopo». Buona parte del gruppo Ppe all’Europarlamento, il premier olandese, e secondo alcune fonti anche Angela Merkel (che però in serata smentirà) gli hanno chiesto di guidare i moderati alle prossime elezioni: «È chiaro che il Ppe supporta Mario Monti e non Silvio Berlusconi», ha ribadito più di un autorevole esponente del partito popolare europeo.
LE PAROLE DI BERLUSCONI – Uscendo dall’Académie Royale de Belgique, tradizionale sede della riunione che precede il Consiglio europeo, Berlusconi si è intrattenuto coi giornalisti: «Ho ricordato al Ppe di aver chiesto a Mario Monti di essere il riferimento per il Pdl nonostante questo crei qualche problema con la Lega». Monti accetterà? «Chi vivrà vedrà», ha tagliato corto il Cavaliere. E a quanti gli chiedevano se fosse stato sfiduciato dai vertici ppe, ha risposto: «Ma quale sfiduciato, mi sono sentito molto coccolato dal Ppe». Paura di una bruciante sconfitta? «I sondaggi dicono che posso riprendere tutti gli elettori del 2008 che adesso si sentono delusi». E allora perché ha fatto cadere il governo Monti? «Non abbiamo sfiduciato Monti. Abbiamo fatto delle critiche verso di lui e detto che avremmo consentito di far passare anche altri provvedimenti, ma senza il nostro voto favorevole. Proprio a marcare una critica nei confronti di certe posizioni che i tecnici hanno assunto».
LE PAROLE DI MONTI– Da parte sua il presidente del Consiglio Monti ha glissato sulla dialettica con il suo predecessore: «Su gentile invito del presidente Martens – ha spiegato – ho illustrato la situazione politica italiana». Ovvero i motivi delle sue dimissioni anticipate: «Il venir meno delle condizioni di sostegno da parte del Pdl, con le dichiarazioni dell’onorevole Alfano, consistite in una sostanziale e radicale sfiducia nei confronti del Governo». Monti ha ripetuto di essere convinto che «qualunque sia il prossimo Governo, si collocherà nel solco di una partecipazione convinta nell’Ue e in un impegno sempre maggiore nell’integrazione». Monti ha rivelato che dopo di lui è intervenuto Berlusconi e successivamente la Cancelliera Merkel e il premier lussemburghese Juncker, quindi il presidente della Commissione Barroso, «poi di nuovo il presidente Berlusconi e infine io brevemente e il presidente Martens».
SORPRESA ALL’ACCADEMIA – Salvo il presidente Wilfred Martens, e il segretario del partito Antonio Lopez Isturiz, nessuno era stato avvertito della partecipazione del premier italiano alla riunione di leader e capi di governo del Ppe. «Al suo ingresso nella sala del pre-vertice c’è stato uno shock totale, è stato un vero e proprio coup de théâtre», ha rivelato una fonte del Ppe riportata dalle agenzie. Il premier, pur essendo un cattolico moderato, non è iscritto al Ppe, e se si esclude il suo intervento da «padrone di casa» alla riunione di Fiesole, non aveva mai fino ad oggi partecipato a riunioni ufficiali della formazione europea.
LE SCHERMAGLIE CON DAUL – Senza Monti, l’attenzione dei leader popolari europei si sarebbe concentrata su Berlusconi. L’ex premier ha del resto nell’ultima settimana più di un velato invito a farsi da parte. Era stata Angela Merkel ad aprire il fuoco, augurandosi una «svolta» per l’Italia. L’ipotesi di un ritorno in campo del Cavaliere era stata gelata dal silenzio. Piuttosto la cancelliera tedesca aveva ribadito la sua stima per l’attuale premier: «Che si votasse in primavera era già chiaro. Adesso si voterà un po’ prima. Io sostengo la strada delle riforme portata avanti da Mario Monti». Martedì scorso il capogruppo del Ppe a Strasburgo, il francese Joseph Daul, aveva rincarato la dose contro Berlusconi: «È stato un grave errore far cadere il governo». E ancora contro lo spettro più volta evocato del populismo: «Siamo molto preoccupati per gli avvenimenti in Italia; per l’Europa e per l’economia italiana non ci possiamo aspettare una politica spettacolo».
IL RIAVVICINAMENTO SMENTITO – Mercoledì sera, nel corso della pirotecnica presentazione dell’ultimo libro di Bruno Vespa, Berlusconi aveva cercato di smorzare l’offensiva del capogruppo ppe sostenendo che le sue parole erano state ispirate dal capogruppo pdl all’Europarlamento Mario Mauro, schierato con Monti. Ma l’europarlamentare francese giovedì ha confermato tutto: «La mia posizione sulla situazione politica in Italia non è stata influenzata da nessuno e riflette quella del Ppe». In una nota da Strasburgo, Daul ha ribadito che il Ppe è «con chi dice la verità ai cittadini, non con chi spera di ottenere voti con vane promesse populistiche».
MONTI CHIARISCE – «La mia visione dell’Italia è diversa». Diversa da quella di Berlusconi, da quella del Pdl, da coloro che oggi rappresentano il Ppe in Italia. Forse basta questa frase, pronunciata davanti alla signora Merkel, e a tutti gli altri capi di Stato e di governo popolari, per descrivere le ragioni della presenza di Monti, ieri pomeriggio, al vertice del Ppe nella capitale belga.
Nel suo staff tendono a minimizzare: Mario Monti, dicono, ha partecipato a sorpresa al vertice dei Popolari europei «non per un’affiliazione», ma solo per dare alcune rassicurazioni. Sull’Italia e su un agenda che non verrà cambiata. Una visita che ha riscosso almeno un obiettivo: incassare un endorsement , un riconoscimento sull’azione del governo e sulla decisione del premier di dimettersi. Si è marcata una distanza da chi oggi rappresenta la famiglia moderata in Italia e questa distanza è stata riconosciuta, dicono a Palazzo Chigi.
Resta però un non detto: per quale motivo Monti ha deciso di partecipare ad un riunione politica, che ha il sapore di una scelta di campo ben precisa? Poteva Monti dire le stesse cose, in pubblico, senza prendere parte ad un dibattito di partito, al quale lui in teoria non aveva diritto a partecipare? Certamente sì.
Di certo la visita del Professore al vertice dei Popolari è stata gestita in gran segreto e con la sua complicità. Mario Mauro, l’esponente del Pdl che oggi viene giudicato come un traditore in alcuni ambienti del partito del Cavaliere, ha promosso e gestito l’iniziativa, confermano nell’entourage del presidente del Ppe, Wilfred Martens. Il Professore ha detto di sì prima ancora di ricevere l’invito, ha partecipato alla costruzione dell’evento.
Eppure desumere altro, rispetto ad un cronaca che si presta a molte interpretazioni, dicono a Palazzo Chigi, nello staff di Monti, sarebbe fuori luogo. Il capo del governo parlerà, sul suo futuro, solo dopo aver rassegnato le dimissioni. Altro non si vuole confermare o ipotizzare: nulla, in sostanza, che possa costituire un appiglio per disegnare scenari che al momento rimangono fluidi.
Eppure qualcosa ieri pomeriggio è certamente successo. Quando Monti lascia il vertice dei Popolari si dice «molto contento, soddisfatto», della partecipazione alla riunione. Si è certificato che in Italia esiste un vuoto di rappresentanza, che i moderati non hanno un riferimento: per qualcuno è stato anche un processo al Cavaliere; per altri una sorta di «incoronazione» a Monti.
Resta dunque il mistero sulle prossime mosse del Professore. Oggi più che mai appaiono avvolte in una coltre di incertezza: sarà un federatore dei moderati italiani? Accetterà una candidatura per conto terzi? La giornata di ieri direbbe di sì, che una candidatura ufficiale è più vicina, ma a Palazzo Chigi si escludono alcune cose, apparse come semplificazioni sui media: per esempio che non ha mai parlato con il professor D’Alimonte di scenari elettorali, cosa che il professore conferma («ci siamo visti per caso, ha altri consiglieri per queste cose»); o che non esiste alcun memorandum politico, sulle riforme, da lasciare in eredità al prossimo governo; o ancora che è destituita di fondamento l’idea di un decreto sulle firme necessarie per le candidature.
Trapela semmai un’indiscrezione che sarebbe una notizia, se confermata ufficialmente: l’ultima volta che Monti ha visto Bersani ha rifiutato un’offerta. Non ha voglia, almeno per il momento, di accettare il ruolo di figura di garanzia, anche se fosse legata all’elezione al Quirinale. Sembra di capire che preferirebbe di gran lunga restare a Palazzo Chigi. E l’entrata a sorpresa, ieri, alla riunione del Ppe sarebbe un tassello di questa strategia.