Los Roques – Secondo gli esperti c’era troppo carburante per un volo così breve. Inquirenti venezuelani sull’isola: nel mirino la compagnia «Trans Aereo 5074» che risulta proprietaria del mezzo.
Tornati al lavoro i dipendenti dello stabilimento Missoni a Sumirago, comune del Varesotto dove vive la famiglia di stilisti che, in questi giorni, vive nell’angoscia dopo la scomparsa in Venezuela dell’aereo su cui viaggiava con la compagna Vittorio Missoni, amministratore delegato della griffe. A bordo con loro altri due italiani. “Quella dei Missoni è una multinazionale a conduzione familiare. C’è una componente familiare forte”, ha detto a SkyTG24 Mauro Croci, sindaco di Sumirago.
Intanto sono tornati a Brescia Giuseppe Scalvenzi e la moglie Rosa Apostoli, la coppia bresciana che per mero caso non è salita sull’aereo bimotore. A bordo, insieme a Vittorio Missoni e alla compagna, sono invece saliti la sorella di Giuseppe Scalvenzi, Elda, e suo marito Guido Foresti. Giuseppe Scalvenzi e Rosa Apostoli sono atterrati ieri all’aeroporto di Malpensa.
Le condizioni meteo non aiutano. C’è mare grosso. I venezuelani, però, continuano a cercare l’Islander scomparso venerdì sulla rotta Los Roques-Caracas. A bordo, oltre ai due piloti, Vittorio Missoni, figlio dello stilista Ottavio, la compagna Maurizia Castiglioni, e gli amici Elda Scalvenzi e Guido Foresti. Elicotteri, aerei e vedette hanno allargato l’area di perlustrazione, quasi 900 le miglia quadrate da monitorare: c’è la possibilità che, nel caso di incidente, il relitto sia stato spinto dalla corrente ad ovest dell’arcipelago.
I pattugliamenti della Guardia Costiera si intrecciano con le indagini condotte dalla procura di Caracas e dall’ente aeronautico locale. Un team di investigatori, guidato dal magistrato Josè Morelos, ha raggiunto l’isola per raccogliere elementi sul velivolo e la compagnia «Trans Aereo 5074» che, secondo le carte, sarebbe proprietaria del mezzo. La speranza è che le autorità procedano con rigore, senza quella arrendevolezza mostrata in passato nei confronti di società locali un po’ troppo disinvolte. È anche per fugare queste ombre che il governo di Caracas ha diffuso un comunicato per specificare, nei dettagli, la squadra interforze, le ore di ricerche, i 400 uomini impegnati, il coinvolgimento di molti ministeri, i contatti continui con la Farnesina in un’operazione che andrà avanti a oltranza.
L’attenzione è ora puntata sulle condizioni dell’Islander. Fonti venezuelane sostengono che forse l’aereo era sprovvisto di un Gps o di un apparato che segnala quando si è troppo vicini alla superficie. Anche in occasione del misterioso episodio del 2008 – nel quale sono scomparse 14 persone – erano emerse gravi lacune nella strumentazione di bordo. L’altro aspetto tecnico riguarda i motori e il carburante. L’Islander, codice YV2615, aveva «benzina» sufficiente per tre ore di volo, ben di più dei 45 minuti necessari per coprire il tratto Los Roques-Maiquetía (Caracas). Di che tipo era il carburante? E ancora: quale era lo stato della manutenzione? In passato ci sono state segnalazioni di guai per i velivoli impegnati nella navetta tra la capitale e il paradiso dei turisti. Inoltre le strutture di supporto sull’isola sono rudimentali se non esistenti, a cominciare dalla torre di controllo provvisoria. Il fatto che i due piloti non abbiano segnalato emergenze fa ritenere che sia avvenuto qualcosa di improvviso. Diverse le ipotesi. Il blocco dei due motori, un cedimento strutturale (il mezzo era del 1968), la collisione in volo magari con un aereo «illegale», uno di quelli usati dai trafficanti di droga. Resta però l’enigma principale: l’assoluta mancanza di rottami. Se c’è stato un impatto in mare qualcosa deve pur rimanere.
Questi scenari sono stati disegnati anche per il precedente del 2008 e sono rimasti fino ad oggi senza risposta. Ciò ha portato a considerare, anche se con poca convinzione, la tesi del dirottamento da parte di una gang decisa a impossessarsi di un aereo per il contrabbando. A favore di questa teoria c’è l’ambiente: una mappa diffusa dall’agenzia antidroga statunitense dimostra come dalla regione occidentale del Venezuela partano decine di velivoli dei narcos diretti verso i Caraibi e il Centro America. Però è rarissimo che i banditi dirottino un aereo, hanno altri metodi per procurarsi mezzi senza dare troppo dell’occhio.
A qualche quesito potrebbero rispondere i titolari delle compagnie aeree venezuelane, abili però nello sfuggire le responsabilità. Sempre il giallo di cinque anni fa ha fatto emergere come i proprietari «giochino» con i nomi delle società. Se c’è un problema, lo cambiano. E i loro velivoli-carretta continuano a volare sotto un nuovo marchio. L’ente aeronautico venezuelano sembra non accorgersene e neppure certe agenzie turistiche che assicurano «la perfetta efficienza» degli aerei usati nei trasferimenti per Los Roques.