A due passi da via veneto. La tragedia forse per incidente. Le vittime: due somali di 25 e 30 anni. La città degli invisibili. Muore clochard nella favela di corso Italia, il corpo lasciato 5 ore scoperto. Le gallerie usate come dormitori da decine di emarginati, tra materassi e rifiuti putridi.
I corpi carbonizzati di due clochard di nazionalità somala tra i 25 e i 30 anni sono stati ritrovati domenica mattina dai Vigili del Fuoco nel sottopasso di Corso Italia a Roma, dove si era sviluppato un incendio. Le fiamme sono divampate intorno alle 4.30 di notte. Da tempo ci sono delle polemiche perché il sottopasso di Corso Italia è ogni notte rifugio di clochard e senza fissa dimora.
A DUE PASSI DA VIA VENETO – I due erano all’ interno di una piccola nicchia di uno dei sottopassi del Muro Torto, a due passi da via Veneto. L’ipotesi più probabile è che per scaldarsi dal freddo, nel corso della notte abbiano acceso qualcosa che poi ha innescato l’incendio. Probabilmente cartoni che i due hanno raccolto fuori da un supermercato della zona. Un testimone li avrebbe visti mentre scendevano nel sottopasso dove sono state trovate anche bottiglie di whisky vuote. Quando i vigili del fuoco sono arrivati per spegnere l’incendio, avvertiti da alcuni passanti, per i due non c’era più niente da fare.
FORSE UN INCIDENTE – E’ in corso un sopralluogo dei vigili del fuoco del nucleo investigativo antincendio e della polizia scientifica per accertare le cause dell’incendio. Sono in corso anche i primi rilievi sui due per cercare impronti digitali utili all’identificazione dei cadaveri. L’ipotesi sui cui lavorano gli inquirenti è quella di un incidente. Si sta comunque lavorando per escludere qualsiasi altra ipotesi, compresa quella dell’atto doloso.
ROMA – Le auto sfrecciano nel sottopasso di Corso d’Italia, da Castro Pretorio a piazza Fiume, e loro vivono proprio lì, negli anfratti ricavati dalle cabine elettriche e nei locali per la manutenzione. Trasformano le uscite di sicurezza in bivacchi, cloache e discariche di rifiuti. Occupano i marciapiedi, dietro le barriere di metallo, dove si accampano con scatoloni, coperte, pentole e bottiglie.
Uomini-talpa nel mezzo chilometro d’asfalto coperto che sbuca a Porta Pia – proprio davanti all’ambasciata inglese e al monumento al Bersagliere – e a Porta Pinciana. Fantasmi che di giorno escono allo scoperto e dopo il tramonto si rifugiano di nuovo nel sottosuolo, fra cumuli di immondizia, odori nauseabondi e un buio fitto che mette paura. Il mondo da incubo che lunedì, alle 10, ha scaricato il cadavere di un clochard di circa 50 anni, morto per infarto.
Uno dei tanti vagabondi, almeno una trentina, che vivono nel ventre della città dove ogni angolo è diventato una discarica vergognosa, le luci al neon sono quasi tutte fuori uso, le scale che dovrebbero essere l’unica via di salvezza in caso di emergenza (peraltro segnalate da appositi cartelli stradali con tanto di articolo del Codice penale) sono inagibili, ostruite da escrementi, giacconi e coperte lerci. Dietro gli sportelli delle cabine, chiusi con vecchi lucchetti, si intravedono materassi e capotti. Sulle pareti insulti e bestemmie si alternano ai disegni di televisori e forni a microonde: l’assurda immagine di una casa che non esiste perché qui c’è solo sporco e disperazione.
E pensare che non è la periferia – quella finita da mesi sotto il tiro della malavita -, siamo in centro. Uno dei biglietti da visita della Città Eterna, dove i romani non si azzardano più a scendere quelle scale – anche solo per evitare di attraversare la strada -, figuriamoci i turisti che passano, guardano, si tappano il naso e vanno via di corsa. «Quello che è morto lo conoscevo da poco – racconta “Monetina”, che sembra Barabba con un piumone azzurro, l’unico clochard a non essere fuggito all’arrivo della polizia – anche lui chiedeva i soldi qui intorno. Stava male da qualche giorno, mi aveva detto che gli faceva male il petto. Ma nessuno l’ha aiutato».
A scoprire il cadavere sono stati i netturbini, ma poi quel corpo seminudo è rimasto così per cinque ore prima dell’arrivo della Mortuaria. Fino alle 3 del pomeriggio nessuna mano pietosa se l’è sentita di scendere per coprirlo. Solo tanti curiosi mentre sulla strada, all’incrocio con via Alessandria, tutto scorreva come sempre. Sarà l’autopsia a chiarire cosa abbia ucciso il cinquantenne, forse uno straniero, che non aveva comunque evidenti segni di violenza sul corpo.
«Mi dispiace per la brutta fine che ha fatto – dice la commessa di un negozio di Corso d’Italia – ma nessuno se lo ricorderà: purtroppo è uno dei tanti». Una «talpa» che forse si era ricavata un precario posto letto con vista sulle auto che sfrecciano a meno di un metro. Una vita disperata, conclusa nell’indifferenza di tutti, racchiusa in qualche coperta, pochi stracci, un cartone di succhi di frutta e un paio di bottiglie d’acqua.