Morto a 60 anni il velocista azzurro, per anni ha detenuto il record del mondo. Da tempo lottava contro un male incurabile. La straordinaria rimonta nella finale dei 200 metri quando Mennea rimontò sullo scozzese Wells.
È morto in una clinica di Roma, all’età di 60 anni, Pietro Mennea, ex velocista azzurro, campione olimpico a Mosca 1980 e per 17 anni detentore del record del mondo dei 200 metri. Da tempo lottava contro un male incurabile.
LA CAMERA ARDENTE – Appresa la notizia della morte del campione, il presidente del Coni, Giovanni Malagò, è rientrato precipitosamente da Milano, dove si trovava per impegni di lavoro. Il numero 1 dello sport italiano ha disposto l’allestimento della camera ardente per giovedì pomeriggio, nella sede del Coni, a Roma. Mennea è stato primatista del mondo dei 200 metri dal 1979 al 1996, con il 19”72 fatto segnare durante le Universiadi a Città del Messico. In una recente intervista al Corriere del Mezzogiorno aveva tracciato un bilancio sulla sua vita.
LA BIOGRAFIA – Originario di Barletta, dove era nato il 28 giugno 1952, Mennea ha cominciato la sua lunga carriera internazionale nel 1971, agli Europei, piazzandosi al sesto posto nei 200 e conquistando il bronzo assieme alla staffetta 4X100. L’anno dopo il debutto olimpico a Monaco di Baviera e la prima medaglia, un bronzo, nei 200 mentre nel ’74, agli Europei di Roma, sale sul gradino più alto del podio oltre a conquistare l’argento nei 100, alle spalle del sovietico Borzov. Dopo qualche anno sottotono ma coronato da successi a Giochi del Mediterraneo e Universiadi (all’Olimpiade di Montreal chiuse senza medaglie), Mennea si rilancia a Praga, nel ’78, centrando l’accoppiata europea 100-200. Ma per scrivere la storia bisogna aspettare Città del Messico e le Universiadi del ’79. Studente di scienze politiche (si è laureato poi a Bari e successivamente ha conseguito anche le lauree in giurisprudenza, scienze dell’educazione motoria e lettere), Mennea vince i 200 in 19″72, nuovo record del mondo che resisterà per ben 17 anni, battuto solo da Michael Johnson ai Trials per Atlanta ’96.
L’ORO OLIMPICO – L’anno dopo a Mosca, ai Giochi Olimpici, Mennea vince l’oro, beffando per due centesimi Allan Wells. «La Freccia del Sud«, questo il soprannome dato all’atleta italiano, torna dalla Russia anche col bronzo della 4X400 e nel 1981 annuncia il ritiro salvo poi tornare sui suoi passi. Per lui arrivano altre due medaglie mondiali (bronzo nei 200 e argento nella 4X100 a Helsinki ’82) e un oro ai Giochi del Mediterraneo nei 200 mentre le successive partecipazioni olimpiche (Los Angeles ’84 e Seul ’88) gli riservano solo delusioni anche se in Corea del Sud si toglie la soddisfazione di fare da alfiere per l’Italia durante la cerimonia d’apertura. Per lui, nel 1983, anche il primato mondiale dei 150 piani con 14″8 a Cassino. Sposato con Manuela Olivieri, Mennea ha ricoperto, a livello sportivo, anche la carica di direttore generale della Salernitana nella stagione ’98-99 ma è stato anche eurodeputato dal ’99 al 2004 e docente universitario all’Università Gabriele d’Annunzio di Chieti-Pescara.
Per una generazione, sono stati i 20 secondi e 19 centesimi più lunghi di tutta la vita. Pietro Mennea arrivò alla finale dei 200 metri dell’Olimpiade di Mosca da primatista del mondo: ma quel 19″72 era stato realizzato a Città del Messico in occasione delle Universiadi del 1979, cioè non in diretta in mondovisione. Quella che invece raccontò il duello con Alan Wells, lo scozzese medaglia d’oro sui 100 metri e che correva a piedi nudi, ma non sulla doppia distanza.
Per entrambi, quella era un’occasione che non si sarebbe mai più ripresentata: l’Olimpiade di Mosca, infatti, fu quella cui non parteciparono atleti statunitensi (allora imbattibili sulla velocità) per il boicottaggio antisovietico dopo l’invasione dell’Afghanistan. I Paesi aderenti alla Nato che inviarono atleti lo fecero senza inno nazionale e presentandoli sotto le bandiere del Comitato olimpico.
Ma la finale era la finale, comunque. Mennea, nella corsia più esterna, parte malissimo. Non è ancora finita la curva che Wells, nella corsia a fianco, gli ha già recuperato tutto il décalage e si è presentato in testa all’inizio del rettilineo. Gli 80 metri finali Mennea li inizia da sesto. Nella telecronaca per la Rai, Paolo Rosi accenna anche al giamaicano Don Quarrie (campione in carica) che inizia a distendersi, poi per due volte spiega che Mennea «cerca di recuperare». Quando la rimonta inizia per davvero, Rosi riesce solo a ripetere ben cinque volte «recupera, recupera, recupera, recupera, recupera!» nei 3 secondi in cui avviene il sorpasso. Poi il doppio urlo «Ha vinto!». Ripetizioni che con la memoria di poi, ricordano il triplice «Campioni del mondo!» di Nando Martellini per l’Italia di Bearzot a Madrid. Una partita che, insieme alle imprese dell’altra trionfatrice di Mosca, Sara Simeoni, completa il podio dei capolavori dello sport azzurro di quel decennio.