LE CANDIDATURE PER IL COLLE. In attesa del voto online per il candidato al Quirinale, la base fa pressioni per un nome esterno ai partiti.
Da una parte c’è Beppe Grillo che in un post definisce Romano Prodi un nome «che cancellerebbe Berlusconi dalle carte geografiche». Tanto da far pensare a Bersani e al centrosinistra che quella del Professore possa essere una candidatura in grado di far convergere Pd, Monti e Cinque Stelle. E se Grillo non propone direttamente il nome di Prodi, almeno indirettamente ne fa una candidatura non del tutto sgradita al Movimento Cinque Stelle.
«MEGLIO PRODI CHE D’ALEMA?» – Sull’altro fronte, invece, quello del Movimento, una parte degli attivisti e dei parlamentari fa a gran voce il nome di Gino Strada. Romano Prodi è «ancora troppo legato al Pd», la sua figura è «espressione dei partiti» ed «è quello che ha fatto Mastella ministro», sarebbe la posizione di molti Cinque Stelle, sia parlamentari che attivisti, spiega La Presse citando fonti interne ai Cinque Stelle. A questa componente, quella più “oltranzista” e più portata alla contrapposizione con il sistema partitico vigente, non basterebbe dunque mandare giù il boccone amaro di Prodi pensando «meglio lui che D’Alema». Perché se cambiamento deve essere, che cambiamento sia, anche al Quirinale. Meglio allora un outsider come il fondatore di Emergency. E non è un caso che Gino Strada sia il nome che compare di più nei commenti in calce al post di Grillo, con cui si annunciano le votazioni online per il candidato al Colle. Altra opzione potrebbe essere il giurista Gustavo Zagrebelsky. Ma il nome del chirurgo è quello più ricorrente.
IL RISCHIO DI NUOVE SPACCATURE – Grillo per il momento non fa nomi e cognomi. Dal blog sono state annunciate le consultazioni online da certificare tramite un ente esterno (il cui nome però non è stato annunciato). Quindi se nella rosa di nomi che uscirà dalle “presidenziarie” (le consultazioni online) non dovesse esserci il nome del Professore, sarebbe davvero difficile far passare un’opzione del genere. Ma non solo. La partita rischierebbe di far emergere di nuovo critiche e polemiche sul ruolo di Grillo e Casaleggio e sulla democrazia nei processi decisionali interni al Movimento. Il tutto a pochi giorni dalla scelta di una parte dei senatori di votare per Grasso alla presidenza del Senato. Un gesto che Grillo e il resto del M5S hanno scelto di non punire. Ma anche uno strappo che si è ricucito a fatica. E se ieri fu la parte moderata a disobbedire, domani potrebbe essere quella più oltranzista, con il rischio di spaccare le Cinque Stelle.